La battaglia del biologico: AssoBio al contrattacco

Di   3 Aprile 2019

Nonostante le dispute tra scienziati, il settore biologico cresce in Europa: il mercato vale 34,3 miliardi di euro

Nel dicembre 2018 la Camera dei deputati ha approvato il testo sulla produzione agricola con metodo biologico, ora al vaglio del Senato. Tra i punti più significativi, c’è l’introduzione di un piano nazionale delle sementi biologiche.

Una voce contraria è quella di Elena Cattaneo, senatrice a vita, che, rispndendo a un’intervista su Il sole 24 ore, ha definito il biologico una favola “bella ma impossibile” e rilancia la lettera che il 9 gennaio scorso è stata indirizzata a tutti i senatori della Repubblica e che della legge chiede il ritiro, firmata da oltre 400 tra Agronomi, ricercatori e docenti universitari. Elena Cattaneo è una farmacologa e biologa, che ha condotto numerose campagne contro il biologico che considera un inganno per i consumatori affascinati dalla “favola” del “naturale=buono” e costretti a pagare “prezzi fino al 100% superiori”.

A sostegno dalla ricerca e della promozione per l’agricoltura biologica, si sono schierati diversi scienziati che hanno pubblicato un contributo sul tema e che stanno cercando adesioni per sostenere il dibattito scientifico (ad oggi sono 479 firmatari – le adesioni si comunicano a paolo.barberi@santannapisa.it).

Anche il consiglio di presidenza dell’Associazione italiana società scientifiche agrarie (Aissa) ha espresso, attraverso un documento, la propria posizione sul tema, legato alle sfide che le produzioni agricole di tipo biologico e sul bisogno di ricerca in questo ambito per assicurarne la sostenibilità e la redditività. per scaricare il documento

Nonostante la disputa tra scienziati, illavore del bio cresce. La Commissione Europea ha pubblicato due nuovi rapporti sul mercato del biologico e, soprattutto, una prima analisi sulle importazioni con l’obiettivo di rispondere alla domanda su quanto la domanda dell’Unione Europea di prodotti biologici sia soddisfatta dalla produzione interna o dalle importazioni. Secondo i dati, dal 2016 al 2017 il numero di produttori nell’Ue è cresciuto del 4%. Ma è il settore delle importazioni a far registrare il balzo in avanti più importante nel numero di operatori: gli importatori Ue sono quasi 4.600, una crescita del 15,5%, con la Germania paese primo in classifica con quasi 1.700 importatori. Il mercato Ue è il secondo del mondo, vale 34,3 miliardi e nel 2018 vi si importavano 3,4 milioni di tonnellate di prodotti biologici.

Per gli agricoltori essere bio è dunque redditizio. Non stupisce, dunque, che il disegno di legge sul biologico in discussione èiaccia allo steso modo a Coldiretti e Agrinsieme (il coordinamento che rappresenta le aziende e le cooperative di Cia, Confagricoltura, Copagri, Alleanza delle cooperative agroalimentari).

Per valutare la proposta di legge e le caratteristiche dell’agricoltura biologica, è dunque essenziale sapere cosa ha risposto Roberto Pinton, segretario di AssoBio, alla senatrice Cattaneo.

“Se avesse consultato il Rapporto nazionale Pesticidi nelle acque dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA) saprebbe che ci sono pesticidi nel 67,0% dei punti di campionamento delle acque superficiali e nel 33,5% di quelle sotterranee (con anche 55 sostanze diverse in un singolo campione)”.

Roberto Pinton

“Saprebbe che il 23.9% dei punti di monitoraggio delle acque superficiali e l’8,3% delle acque sotterranee presentano concentrazioni superiori ai limiti ambientali. Saprebbe anche che le sostanze più rinvenute sono i diserbanti, ma anche che rispetto al passato è aumentata significativamente la presenza di fungicidi e insetticidi, soprattutto nelle acque sotterranee”.

“Se avesse gettato un’occhiata anche distratta a quanto prodotto dalla FAO in occasione del 2015 anno internazionale del suolo, saprebbe che circa metà dei suoli europei ha un basso contenuto di sostanza organica, principalmente nella nostra Europa del sud, e che circa 80% dei suoli italiani ha un contenuto di carbonio organico inferiore al 2%, con una grande percentuale con valori inferiori a 1%.
Saprebbe che il declino della materia organica si traduce in un suolo degradato e che senza sostanza organica non esiste suolo, ma solo sedimento non consolidato”.

“Se avesse buttato un occhio sui dati ISTAT saprebbe che nel 2016 in Italia sono state vendute 125mila tonnellate di prodotti fitosanitari, per una spesa da parte degli agricoltori pari a 950 milioni (oltre a 1,57 miliardi in fertilizzanti, stante la perdita di fertilità organica dei suoli).
Nel 2006 la spesa per fertilizzanti era stata di 694 milioni e quella per pesticidi di circa 1 miliardo: in dieci anni la spesa per i primi è aumentata di oltre il 50%, quella per i secondi del 45%.
Il nostro Paese è fra i maggiori consumatori di pesticidi a livello europeo: dall’ultimo report dell’Agenzia europea per l’ambiente risulta che il consumo di principi attivi nella UE è mediamente di 3,8 chili per ettaro, ma in Italia sale a 5,7; se tra il biennio 2011-13 e quello 2014-15 la vendita di pesticidi nei Paesi europei è scesa di oltre il 50%, da noi è aumentata del 7,9%”.

“Se, pur da senatrice, avesse consultato l’elaborazione dell’Ufficio studi della Camera dei deputati, avrebbe cognizione che il settore biologico, che copre il 15.4% della superficie agricola italiana, ha ricevuto solo il 2,9% delle risorse destinate all’agricoltura, tra fondi europei e nazionali e potrebbe chiedersi se non si tratti di uno squilibrio da correggere”.

“Avesse letto i giornali di recente, saprebbe che, come risulta dal rapporto presentato a febbraio da Legambiente sui dati forniti da Arpa, Asl e Istituti Zooprofilattici Sperimentali, contiene residui di pesticidi il 63.9% dei campioni di frutta prelevati sul mercato italiano, il che li rende non idonei all’alimentazione dell’infanzia, mentre l’1,7% presenta dosaggi che li rende non idonei all’uso alimentare in genere, anche per un adulto in salute. Saprebbe che il 40.2% dei campioni presentava residui di più pesticidi diversi (il record va a un campione di peperoni con residui di 25 sostanze chimiche di sintesi)”.

“Saprebbe anche che per il rapporto 2019 del think tank Institut du développement durable et des relations internationales (IDDRI) un’Europa agro-ecologica può soddisfare la domanda di cibo attraverso una dieta sana, rispondendo al contempo ai cambiamenti climatici, eliminando i pesticidi e salvaguardando la biodiversità, concentrandosi sulla trasformazione delle risorse naturali anziché sugli input esterni”.

“Non ignorerebbe nemmeno che il primo marzo l’assemblea generale delle Nazioni Unite ha dato il via al decennio per il Ripristino dell’Ecosistema: gran parte della superficie agricola del pianeta mostra un calo della produttività con perdite di fertilità legate a erosione, impoverimento delle risorse e inquinamento, un degrado che mina le condizioni di vita di miliardi di persone e costa circa il 10% del PIL globale in termini di perdita di servizi ecosistemici”.

“Sulle rese (“fino al 50% in meno”?), se avesse sfogliato i Proceedings della Royal Society si sarebbe potuta imbattere nella metanalisi “Diversification practices reduce organic to conventional yield gap” su un dataset di 115 studi con più di 1.000 osservazioni, le cui conclusioni sono che le rese produttive biologiche sono inferiori a quelle convenzionali del 19,2% (± 3,7%), ma che, grazie a consociazioni e rotazioni colturali, il divario di resa si riduce sensibilmente (9 ± 4% e 8 ± 3%). Lo studio raccomanda adeguati investimenti nella ricerca agro-ecologica per migliorare ulteriormente i sistemi di gestione biologici per ridurre ancora, se non eliminare, il divario di resa per le diverse colture o regioni, gli stessi investimenti in ricerca che Elena Cattaneo si è fatta un punto d’onore di ostacolare, preferendo lo statu quo che vede le risorse destinate sostanzialmente solo all’agricoltura convenzionale, alcuni effetti negativi della quale vediamo sulla contaminazione di acque e derrate”.

La risposta della senatrice Cattaneo

La senatrice ha ribadito che l’ascolto è per lei una pratica costante e rivolta non solo agli agricoltori, ma anche ad allevatori costretti a importare ogni anno migliaia di tonnellate di mais e soia Ogm, di cui una legge ipocrita vieta la coltivazione ma non l’importazione, e di cui la nostra filiera agroalimentare non può fare a meno, pena la paralisi.

“Ascolto inoltre”, ha affermato la scienziata, “gli studiosi dei nostri centri, le cui ricerche su biotecnologie vegetali sarebbero in grado di ridurre o eliminare la necessità di cospargere i campi di pesticidi (biologici o di sintesi) e preservare la biodiversità, se solo fossero ascoltati. E ascolto poi gli imprenditori che vorrebbero puntare sull’efficienza della produzione agricola integrata”.

Elena Cattaneo precisa poi che prima dell’alternativa “biologico sì o no”, è l’inquinamento della conoscenza che deve preoccupare. La realtà scientifica – scrive – va offerta ai cittadini spogliata di bufale e suggestioni pericolose come quella che racconta che gli Ogm fanno male alla salute e all’ambiente, o che il biologico farà vivere di più e più in salute mentre, senza alcuna miglior qualità verificabile dei suoi prodotti, è venduto a ignari cittadini a prezzi maggiorati.

È ora interessante capire come la parte politica si inserisce in questo dibattito.