Come si diventa contoterzisti digitali?

Di   29 Gennaio 2019

La rivoluzione 4.0 dell’agricoltura avrà ancora più bisogno di contoterzismo. Ma solo quando la domanda sarà più matura, si potrà parlare concretamente dei tempi e dei modi per digitalizzare l’azienda. Qualcosa però si sta muovendo

Nel 2015 Uncai per prima parlò di contoterzisti digitali. Allora servì per presentare sul periodico Mondo agricolo un programma formativo organizzato dall’Unione Nazionale e rivolto agli agromeccanici.
Sono passati 4 anni e cosa è accaduto? In mancanza di una domanda chiara da parte dei loro clienti, i contoterzisti sono andati avanti in ordine sparso nella digitalizzazione delle loro imprese e dei servizi.

Nel 2017 i più avveduti hanno approfittato dell’iper ammortamento per un primo upgrade digitale dell’azienda. Ma sono stati pochi. Ci sarà un tornaconto economico? Ogni contoterzista se lo chiede prima di mettere mano al portafoglio e aggiungere al suo kit fatto di scarponi e di trattori anche un tablet dotato di scheda sim. Che me ne faccio dei dati raccolti in campo sfruttando la potenza di calcolo degli strumenti informatici se il cliente non me li chiede? Avrò bisogno di un database per archiviare, organizzare e ripescare i dati anno dopo anno. Ma come mi procuro un database e come separo i dati veramente utili da quelli che rischiano solo di confondere me e il mio cliente?

Negli ultimi due anni l’attività dell’Osservatorio Smart AgriFood (Politecnico di Milano e Università di Brescia) ha favorito il diffondersi di una maggiore consapevolezza tra gli operatori in campo, anche tra gli agricoltori. Così, dopo i contoterzisti o agromeccanici digitali ecco che si fa strada anche la figura dell’agricoltore digitale. Sarà vera gloria?
Aumentano le possibilità che un agricoltore chieda al suo contoterzista di fiducia di rendere digitale l’azienda, dalla gestione dei terreni alla programmazione delle produzioni.

Se la fattura elettronica dà una netta accelerata alla digitalizzazione dei rapporti tra contoterzisti e i loro clienti, il contoterzista può dirsi digitale se è in grado di offrire a se stesso e agli agricoltori servizi come la gestione informatica (non su carta) del magazzino, del registro trattamenti e del pacchetto clienti.
Ma il passo decisivo e dotarsi di un Dss (Decision support system): un software che attraverso l’analisi dei dati in campo è in grado di supportarlo nel prendere le decisioni agronomiche migliori per massimizzare la produzione riducendo gli sprechi. Ogni coltura ha però un suo Dss specifico, come specifici sono anche i sensori necessari per il reperimento dei dati indispensabili ad alimentare il sistema. Per chi fa frumento, ad esempio, è poco interessante avere sensori al suolo che registrino l’umidità, perché l’acqua non è un fattore critico di questa coltura. Lo è invece nel mais, dove è anche importante avere delle trappole per prevedere lo sviluppo di parassiti, come la piralide. In frutticoltura è fondamentale evitare stress idrici alle piante e in zootecnia è importante individuare in maniera precoce zoppie e calori.

Fondamentale è anche offrire lavorazioni agricole a rateo variabile: se ne parla da anni come fiore all’occhiello dell’agricoltura di precisione. Ma è figlio di un approccio digitale e non analogico (di pancia) sbarazzarsi di un approccio omogeneo alla coltura per fornire a ogni pianta (o animale) esattamente ciò di cui ha bisogno quando ne ha bisogno, ottimizzando il rapporto tra input utilizzati e quantità (o qualità) di prodotto ottenuto.

L’agricoltura sta prendendo la direzione dell’intelligenza artificiale (IA) che si basa su algoritmi, vale a dire schemi matematici che permettono di rendere autonome molte operazioni, per esempio le lavorazioni in campo di trattori senza guidatore, il riconoscimento di una malattia o di un parassita da una semplice foto scattata con lo smartphone, l’irrigazione attivata da un computer sulla base delle valutazioni fatte da una intelligenza che oltre a essere artificiale si affina sempre di più, diventando quasi una coscienza collettiva.

Attraverso sensori collocati in campo, sul trattore, su un drone o in stalla i contoterzisti raccoglieranno big data per i loro clienti, fornendo una fotografia fedele del lavoro svolto, mappe di produzione e prescrizione ponderate. Dati che non hanno solo un’utilità agronomica. Si ripete spesso che sono un giacimento ancora da estrarre perché possono dimostrare valori fino a oggi opinabili quali sostenibilità ambientale, sicurezza alimentare, tracciabilità di prodotto. I big data trasformeranno il modo di fare agricoltura quando saranno analizzati integrandoli con informazioni esterne all’ambito agricolo (dati di mercato, consumi e abitudini delle famiglie, lancio di nuovi prodotti, conflitti geopolitici). Un cambiamento che avrà ancora più bisogno di contoterzismo.