Frutticoltura tropicale nel Mezzogiorno: l’esperienza in Sicilia

Di   15 Ottobre 2019

Le colture tropicali posso essere coltivate con successo nelle regioni del Sud Italia, ma a patto di rispettare precise regole sia nella gestione agronomica sia nello stoccaggio post-raccolta. È quanto ha illustrato ad Agrilevante il convegno “Coltivazione frutta tropicale nel Mezzogiorno”

BARI , 13 OTTOBRE – Dal Nord come dal Sud Italia emergono richieste di innovazione. Tuttavia senza precise rassiurazioni nessuno introdurrà nuove colture oppure tecniche agronomiche differenti, più sostenibile al fine di valorizzare meglio coltivazioni più tradizionali. Non è, infatti, facile fornire spunti concreti su strade percorribili dalle piccole e medie imprese per fare innovazione e crearsi un futuro sostenibile.

Nel Sud Italia il suggerimento più frequente è di allargare le frontiere della frutticoltura puntando su colture subtropicali come l’avocado e il mango, sui piccoli frutti (lamponi, fragole, mirtilli, more, ecc.), sulla valorizzazione del mandorlo innovandone la trasformazione, dei fichi e dei fioroni con nuove varietà e del fico d’India (il distretto siciliano di San Cono lavora non solo sui frutti ma anche sulle pale, prima considerate uno scarto della produzione).

Le colture frutticole tropicali, come mango, papaya, litchi, anona e nespolo del Giappone, stanno prendendo sempre più piede in alcune aree del Mezzogiorno e in particolare in Sicilia, diventando parte del paesaggio costiero isolano. Ma la nascita di numerosi impianti è stata non sempre fortunata giacché alcuni impianti sono strati stroncati da condizioni meteorologiche avverse o da pratiche agronomiche non adeguate. A volte anche la non corretta gestione post-raccolta dei frutti ne ha compromesso la qualità finale.

Per rispondere a queste problematiche, sempre più diffuse, il Dipartimento di Scienze agrarie, alimentari e forestali (Saaf) dell’Università di Palermo sta conducendo diverse attività di ricerca, che ha presentato nel convegno “Coltivazione frutta tropicale nel Mezzogiorno” svoltosi nel contesto di Agrilevante.

«Coltivare queste specie di origine tropicale in aree vocate della Sicilia con ottimi risultati quantitativi e qualitativi è possibile e la vicinanza dei mercati europei e la crescente attenzione dei consumatori fa ben sperare in un aumento delle superfici negli anni a venire – ha affermato Vittorio Farina, professore associato di Frutticoltura tropicale e subtropicale presso il Saaf –tuttavia i problemi sono tanti, perciò la ricerca vuole supportare gli agricoltori e i tecnici nella scelta delle specie e varietà e nella conduzione agronomica, e gli operatori commerciali nella gestione post-raccolta dei frutti». Gli studi agronomici stanno riguardando in particolare la relazione tra l’andamento delle temperature e le diverse fasi fenologiche, per valutare eventuali situazioni critiche.

«Ad esempio abbiamo scoperto che una varietà di mango fiorisce a gennaio-febbraio, quando anche in Sicilia fa freddo. Abbiamo perciò tolto la pannocchia, così la pianta ne produce un’altra che fiorisce quando le temperature si alzano. È altresì importante studiare quali sono gli apprestamenti protettivi più opportuni, l’utilizzo di eventuali frangivento, il ricorso a sistemi di fertirrigazione di precisione, visto che in Sicilia l’acqua è una risorsa scarsa, l’applicazione dell’irrigazione antibrina, l’impiego di baulatura e pacciamatura».

Le ricerche del Saaf, ha aggiunto Farina, riguardano anche la gestione del post-raccolta, «che, se ben fatta, allunga la vita dei frutti di alcuni giorni e ne mantiene intatta la salubrità».

Con gli adeguati accorgimenti sia nella coltivazione sia nello stoccaggio post-raccolta, i frutti tropicali siciliani possono arrivare sui mercati ben maturi e pronti per il consumo, «vantando – ha concluso Farina – una qualità intrinseca di gran lunga superiore a quella di analoghi frutti provenienti da Paesi esteri, raccolti a maturazione commerciale, cioè verdi, e incapaci di esprimere al massimo le loro caratteristiche organolettiche».