Il futuro è delle colture specializzate: meccanizzatevi!

Di   31 Ottobre 2019

Le colture specializzate si fanno sempre più strada nel mondo. A certificarlo è Agrievolution Alliance – l’organizzazione internazionale nata per promuovere i benefici della meccanizzazione in un’agricoltura globale sostenibile e che riunisce 15 associazioni di produttori di macchine agricole, in rappresentanza di oltre seimila costruttori mondiali del settore.

A livello mondiale gli “specialty crops” hanno fatto segnare ricavi per 889 miliardi di dollari USA, una superficie investita di circa 143 milioni di ettari. Tra il 2000 e il 2016 le superfci sono aumentate del 5,5% , le produzioni del 24% e le rese del 20,5%, grazie soprattutto ai progressi della MECCANIZZAZIONE.

Basta gettare uno sguardo alla FRUTTA: solo l’11% delle superfici mondiali dedicate alla frutta sono in Europa (9 milioni di ettari), eppure qui si concentra il 25% dei ricavi (114 miliardi di dollari) su scala globale. Merito dell’alto livello di meccanizzazione e di tecnologia dell’agricoltura europea.

In Asia e Africa la situazione è esattamente l’opposto: dal 73% delle superfici totali di frutta si ottiene il 53% dei ricavi. Per il basso livelli di meccanizzazione e di tecnologia.

Particolare il caso degli Stati Uniti dove la meccanizzazione certo non manca. Una bassa richiesta di tecnologie specializzate fa sì che qui le superfici dedicate alla frutta siano relativamente poche (il 3%), ma i ricavi siano notevoli (il 10%). Come dire: c’è una potenzialità non sfruttata a pieno, forse per la poca propensione degli americani a consumare frutta.

SPECIALTY CROPS CONTRO SEMINATIVI

Il trend del mercato e i fabbisogni zona oer zona in termini di meccanizzazione fanno prevedere una forte crescita degli “High Value Crops” nei prossimi anni a discapito dei seminativi.

Dal 2007 al 2030 il valore della produzione di vigneti, colture orticole e frutteti dovrebbe salire infatti da 772 a 1.056 miliardi di dollari (anche l’export va forte). Prospettive molto favorevoli si intravedono nell’olivicoltura contraddistinta oggi da un bassissimo indice di meccanizzazione (solo il 2% delle superfici investite è interamente meccanizzato), delle piantagioni di caffè (attualmente solo la varietà Arabica brasiliana, vale a dire 2 milioni di ettari a fronte di 11 milioni complessivi, è meccanizzata), della melicoltura, trascinata dalla forte crescita dei consumi in Cina, solo per fare qualche esempio.

MENO CARNE, PIU FRUTTA E VERDURA

La forte crescita degli “specialty crops” è spinta anche dalla promozione di regimi alimentari con meno proteine di origine animale e più frutta e verdura che, oltre ad appesantire di meno il fegato hanno un minore impatto ambientale rispetto agli allevamenti.

Ecco così che la composizione della produzione agricola mondiale espressa in milioni di tonnellate appare destinata a modificarsi negli anni a venire con una progressiva diminuzione della componente cereali che dal 60% del 2017 dovrebbe scendere al 40%, mentre frutta e verdure dovrebbero salire rispettivamente dal 18 al 30% e dal 22 al 30%.

Qualcosa del genere sta già accadendo in Spagna dove negli ultimi anni,a fronte di una diminuzione di 200 mila ettari di superfici a seminativi, c’è stato un incremento equivalente di superfici a colture arboree (olivi, mandorli e piante di pistacchio). In scala ridotta è successo anche in Portogallo: le superfici a seminativo sono diminuite di 100 mila ettari mentre quelle a colture arboree sono aumentate di 20.000 ettari.

REDDITIVITÀ E AMBIENTE

NHDrive, il concept di trattore autonomo New Holland.

La meccanizzazione per le colture specializzate permette di dare risposte efficaci e convincenti a problemi come stress idrici, siccità e desertificazione, ma anche alle esigenze di difesa ambientale che richiedono un sempre minore impiego di mezzi chimici. Le vendemmiatrici sono state adattate con successo ad altre colture come olive e ribes nero con l’attivazione di scuotitori a diverse altezze e intensità, a zone fruttifere della pianta molto differenziate.

In nome di un bassissimo impatto ambientale, fra non molti anni si affacceranno veicoli a guida autonoma e macchine operatrici robotizzate per operazioni semplici e ripetitive (robot spuzzatori con tecnologia “See e Spray” e intelligenza artificiale capace di individuare le erbe infestanti o altre avversità all’interno di una coltivazione e di localizzare opportunamente la distribuzione di diserbanti, fungicidi e insetticidi) fino ad arrivare alla raccolta robotizzata grazie a telecamere, sensori e sistemi di visione artificiale in 3D.

Ma quanto offre oggi il “frutteto” italiano

Nell’arco di un ventennio, il “frutteto italiano” ha visto un crollo netto del 23%. A risentirne di più sono state le pesche, con la superficie coltivata a loro disposizione ridotta del 38%. Seguono uva da tavola (-35%), pere (-34 %), limoni (-27%), arance (-23%), mele (-17%), clementine e mandarini (-3%). Un grave danno non solo economico ed occupazionale ma anche ambientale.

La superficie italiana destinata a colture legnose (come frutteti e vigneti) è di circa 2.5 milioni di ettari: il 25% della superficie boschiva totale. Il ruolo della frutticoltura nella tutela dell’ambiente deriva dalla sua capacità di catturare CO2: un’azione che potrebbe ulteriormente essere potenziata.

Un ettaro di frutteto in produzione è in grado di catturare 20mila kg di CO2 all’anno, contrastando le polveri sottili PM10 e abbassando la temperatura dell’ambiente circostante durante l’estate.

C’è stata a che una perdita netta di biodiversità. Nel corso degli ultimi 100 anni sono, infatti, scomparse dalla nostra tavola tre varietà di frutta su quattro. Se nel XX secolo potevamo contare sulla presenza di 8.000 varietà di frutta, oggi il numero è sceso a poco meno di 2.000. Di queste, 1.500 sono considerate a rischio “estinzione” anche per effetto dei moderni sistemi della distribuzione commerciale, che privilegiano le grandi quantità e la spersonalizzazione dell’offerta.