Prodotti biologici: nuovo regolamento europeo

Di   25 Aprile 2018

 

Logo biologico europo

L’europarlamento ha approvato la nuova regolamentazione su produzione e etichettatura dei prodotti biologici con 466 voti a favore, 124 contrari e 50 astensioni. L’Italia però ha votato contro. Vediamo di cosa si tratta.

Nuove regole sui prodotti biologici dal Parlamento europeo. Sono previsti controlli più rigorosi, nuove norme per contrastare la contaminazione e la richiesta che tutti i prodotti importati rispettino gli standard europei. I parlamentari europei hanno approvato la nuova regolamentazione comunitaria sulla produzione e l’etichettatura dei prodotti biologici con 466 voti in favore, 124 voti contrari e 50 astensioni. Il testo, che dovrà essere formalmente approvato dal Consiglio Ue, dovrebbe entrare in vigore dal primo gennaio 2021. E in Italia fa discutere. Le norme non sono state accolte bene per prime da Confagricoltura e da Coldiretti, quest’ultima ha parlato di “biologico contaminato”.

Diciamo subito che l’Italia è prima tra i 28 paesi europei in termini di produzione biologica e seconda per superficie coltivata (1,8 milioni di ettari contro 2 milioni in Spagna). Inoltre la produzione biologica è destinata a crescere, coinvolgendo sempre di più ogni tipo di coltura, cerealicola e non: grano tenero e duro, orzo, farro spelta, cece e pisello proteico, cereali a paglia, mais, pomodoro, vite e riso.

Ma cosa prevedono le nuove regole?

Quando un prodotto è “bio”

Le regole si riferiscono a pratiche agricole e di acquacoltura, lavorazione ed etichettatura di prodotti alimentari, procedure di certificazione per gli imprenditori agricoli e importazione di prodotti biologici che provengono da Paesi non appartenenti all’Ue. Chi ottiene la certificazione “bio” non può usare pesticidi, fertilizzanti chimici e antibiotici. Esclusi anche gli organismi geneticamente modificati, mentre si incoraggia la rotazione delle colture. Il logo è obbligatorio per gli alimenti preconfezionati. Nel caso di prodotti alimentari lavorati il logo bio indica che almeno il 95% degli ingredienti che provengono dall’agricoltura è biologico.

Controlli più severi

Le norme approvate introducono controlli da svolgere almeno una volta all’anno per tutti gli operatori coinvolti nella catena di produzione: agricoltori, allevatori, responsabili della lavorazione, commercianti, importatori. La frequenza si riduce a una volta ogni due anni quando non viene riscontrata alcuna infrazione per tre anni consecutivi.

Le importazioni

Le nuove regole sono indirizzate a “una concorrenza più equa”: le imprese bio dei Paesi extra Ue che intendono commercializzare i propri prodotti nell’Unione devono rispettare le stesse regole dei produttori europei. Oggi infatti devono attenersi a regole simili ma non identiche. Un principio cui però sono applicate alcune deroghe in presenza di accordi bilaterali. È questo uno dei punti che ha portato gli europarlamentari italiani a votare contro.

La contaminazione accidentale

Un’altra novità riguarda la contaminazione con i pesticidi: gli agricoltori devono adottare tutte le misure necessarie per evitare la contaminazione “accidentale” con sostanze non autorizzate usate in colture vicine. Tuttavia (e questo è l’altro punto che scontenta l’Italia) un prodotto perde il suo status di biologico solo se la contaminazione è fraudolenta o dettata da negligenza. Se è fortuita l’Ue non pone soglie massime di sostanze non consentite, oltre le quali un prodotto cessa di essere biologico. Gli stati membri che hanno fissato questi paletti (come l’Italia) possono continuare ad applicarle, ma hanno l’obbligo di far entrare nel proprio mercato altri alimenti biologici provenienti dagli stati membri dell’Ue.

La normativa punta ad incrementare la produzione biologica europea e prevede di eliminare entro il 2035 le deroghe che permettono l’utilizzo di semi convenzionali nella produzione biologica. “Le aziende agricole che producono prodotti sia convenzionali sia biologici continuano a essere autorizzate, a condizione che le due attività agricole siano chiaramente ed efficacemente separate”, affermano i parlamentari, che prevedono anche certificazioni più facili per i piccoli coltivatori. “Le certificazioni di gruppo permetterebbero ai piccoli coltivatori che si convertono al biologico di risparmiare soldi e tempo”.

Il voto dell’Italia

Le delegazioni italiane chiedevano norme più restrittive, con meno deroghe in caso di accordi bilaterali e soglie massime anche in caso di contaminazione fortuita. “Un’occasione persa”. Cosi Paolo De Castro, vicepresidente della commissione agricoltura del parlamento europeo ha definito a caldo l’esito dei negoziati per dare nuove regole alla produzione biologica in Europa. L’obiettivo, mancato, era avvicinare il sistema europeo al modello biologico italiano. “Il punto cruciale negativo – precisa De Castro – è aver eliminato completamente le soglie per i residui di fitofarmaci”. La distinzione tra agricoltura biologica e agricoltura convenzionale risulterebbe sfumata con un accordo al ribasso sul biologico che può diventare un problema per le aziende agricole italiane solite a seguire una legislazione più stringente. La sfida però “resta aperta”, perché la Commissione europea valuterà le regole relative all’anti-contaminazione entro il 2025.

Commenti

Il nuovo regolamento europeo probabilmente permetterà quindi ai Paesi del Nord Europa di entrare nella partita e incrementare la loro quota di biologico, grazie a norme meno stringenti. Le aziende agricole italiane rischiano così di affrontare la concorrenza in un settore remunerativo che sino ad ora le ha viste protagoniste.

Coldiretti commenta la regolamentazione come un via libera nel mercato europeo a “prodotti certificati come biologici contaminati da prodotti chimici fitosanitari”. Sostiene Coldiretti: “Il nuovo regolamento concede agli Stati la possibilità di mantenere in vigore soglie meno restrittive per i residui di fitofarmaci o di contaminazione da Ogm con un grave danno di immagine per il settore del bio soprattutto nei Paesi, come l’Italia, nei quali gli standard di produzione sono molto elevati. Inoltre, la possibilità di produrre biologico senza utilizzare il suolo contrasta totalmente con i principi fondamentali che caratterizzano questo metodo di produzione, che non può prescindere dalla terra. Al contrario, – prosegue Coldiretti – la previsione di una deroga consentirà ad alcuni Stati del nord Europa di continuare a produrre impiegando letti demarcati in serra per un periodo di 10 anni. Per i prodotti importati, infine, continuerà a sussistere il principio dell’equivalenza, sia pure per un periodo transitorio, durante il quale sarà più elevato il rischio di un aumento delle importazioni prima dell’adozione del sistema di conformità. E in ogni caso, qualora sussistano ragioni di approvvigionamento, la Commissione potrà sempre autorizzare l’importazione dai Paesi terzi di prodotti biologici anche quando questi ultimi non dovessero rispettare le norme europee sulla produzione biologica”.

Critica anche Confagricoltura che parla di “un provvedimento che annacqua la qualità della produzione agricola biologica italiana ed europea e che mette di fatto i produttori agricoli nella condizione di dover applicare i disciplinari privati della distribuzione e della trasformazione, oltre che le disposizioni del regolamento”. “Sulla spinta dei paesi del Nord Europa, il regolamento permette di coltivare i prodotti bio anche senza seminarli su terra, perdendo così la naturale difesa della biodiversità, uno dei cardini dell’agricoltura biologica; altrettanto grave è consentire, senza alcun rispetto per il consumatore e il produttore, di vendere prodotti biologici contaminati accidentalmente da pesticidi”, osserva sempre la Confagricoltura che aggiunge che queste “sono scelte che mettono in pericolo un settore in forte espansione, che avrebbe bisogno di una maggiore tutela, sia nei controlli, sia nelle regole di produzione… Unico aspetto positivo del regolamento è la possibilità di conoscere l’origine delle materie prime e del prodotto attraverso l’etichetta” e “per questo l’organizzazione degli imprenditori agricoli invita i consumatori a leggere l’etichetta e a preferire i prodotti biologici italiani”.

A questo punto le strade percorribili in Italia sembrano essere sostanzialmente due: adeguarsi al nuovo regolamento Ue, anche quando si parla di acquacoltura e idroponica, oppure creare un marchio biologico italiano, sempre che i consumatori italiani ne comprendano la necessità.

Fabio Rolfi, assessore all’agricoltura lombardo sceglie la seconda strada e istituire uno specifico marchio biologico italiano perché “le regole sull’agricoltura biologica italiana, applicate da anni, rendono i nostri prodotti una eccellenza senza eguali e sull’altro fronte non possiamo continuare a permettere la diffusione dei cibi falsi che costano all’economia italiana 70 miliardi di euro ogni anno”.

Invece, per i Verdi/Ale europei, “Questa nuova regolamentazione è una buona notizia sia per gli agricoltori biologici che per i consumatori. Le regole attuali sono totalmente obsolete, proprio come lo sono le numerose derogazioni risalenti agli anni ’90. Il settore biologico, in effetti, si è sviluppato fortemente solo dopo, e ha conosciuto un’espansione assolutamente notevole. Questa nuova legislazione, semplificando le regole vigenti, permetterà di sostenere meglio la crescita continua di questo settore. Abbiamo provveduto affinché tutte le importazioni di prodotti biologici abbiano l’obbligo di conformarsi alle norme alimentari vigenti in Ue. Gli agricoltori europei non saranno quindi discriminati rispetto ai loro concorrenti internazionali, e ciò rafforzerà la fiducia dei consumatori riguardo la qualità dei prodotti. Le nuove regole permetteranno anche di mettere sul mercato varietà di semi tradizionali, oltre che di stimolare le attività di allevamento biologico e incoraggiare gli agricoltori a lavorare con le proprie sementi, piuttosto che essere dipendenti dalle varietà industriali. Si tratta di cambiamenti rivoluzionari nelle regole di commercializzazione delle sementi. Ciò permetterà che emerga una nuova offerta di semi, più adatti ai bisogni ed ai vincoli specifici dell’agricoltura biologica, il tutto garantendo una maggiore conservazione della biodiversità, dalla quale i cittadini europei beneficeranno direttamente. La Commissione europea è stata inoltre incaricata di studiare le misure che permetterebbero di evitare che le aziende biologiche subiscano la contaminazione dai pesticidi. Attendiamo dunque i risultati di questa inchiesta, ed attendiamo delle misure forti al fine di proteggere i consumatori e ricompensare gli agricoltori”.

Il biologico in Italia

Secondo un’indagine Coldiretti-Ixè, nel 2017 sei italiani su dieci hanno acquistato prodotti biologici. L’associazione afferma anche che l’Italia detiene la leadership nel numero di imprese del settore, con 72.154 operatori e 1.796.363 ettari, in aumento del 20% su base annua. La crescita della domanda ha spinto l’aumento delle produzioni. Tra le colture con maggiore incremento ci sono gli ortaggi (+48,9%), cereali (+32,6%), vite (+23,8%) e olivo (+23,7%) mentre a livello territoriale la maggiore estensione delle superfici è registrata in Sicilia con 363.639 ettari, cui seguono la Puglia con 255.831 ettari e la Calabria con 204.428 ettari. “Il fatturato realizzato dal settore al consumo – conclude Coldiretti – supera i 2,5 miliardi di euro”.

Quanto vale il bio in Europa

Il mercato biologico dell’Ue vale circa 30,7 miliardi di euro all’anno e mostra tassi di crescita elevati. I terreni agricoli dedicati alla produzione biologica rappresentano ancora solo il 7% di quelli coltivabili, una quota che per l’Italia sale al 14%. Senza una produzione sufficiente, la domanda viene soddisfatta con l’aumento delle importazioni, che con le nuove regole trovano un inquadramento normativo più preciso.

Se il presente è un successo commerciale, qual è il futuro del bio?  ll mercato del biologico in Europa cresce tra il 10 ed il 15% ogni anno e cresce molto di più delle superficie destinate. In soldoni il bio vale 30 miliardi, un mercato che è per il 25% tedesco, il 16% francese e solo il 7% è italiano, ma gli italiani, così come i mediterranei sono i maggiori produttori di biologico, soprattutto parliamo di ortofrutta, di cereali, di olio, di vite, quindi le principali produzioni mediterranee sono coinvolte in questo processo.