Una nuova strada per la ricerca in cerealicoltura

Di   1 Agosto 2019

Tamburini (presidente Apimai Ravenna e consigliere Uncai): “Oggi le rese del grano duro sono minori rispetto a 20 anni fa, occorre puntare su varietà più produttive e sane”

Roberto Tamburini – Presidente di Apimai Ravenna (Associazione Provinciale Imprese Meccanico – Agricole – Industriali) e Consigliere UNCAI

RAVENNA, 1 agosto – A mietitrebbie ormai ferme vale la pena fare il punto della campagna cerealicola di quest’anno. Lo scorso 30 luglio Roberto Tamburini, presidente di Apimai Ravenna (Associazione Provinciale Imprese Meccanico Agricole Industriali) e Consigliere Uncai, era ospite della trasmissione che Agrilinea Tv ha dedicato al frumento.

Ne è uscito un quadro desolante per il grano duro (in media solo 55 q/ha). Invece la produzione di grano tenero è stata discreta (65 q/ha), contraddistinta anche da un buon contenuto proteico. L‘orzo ha chiuso con ottime performance, ma sempre meno agricoltori scelgono di seminarlo. “Se non ci fermiamo ai cereali autunno vernini, man mano che entriamo nei campi con le nostre macchine da raccolta, incontriamo solo prodotti che ci fanno andare in rosso, dai piselli da industria, alla bietola da seme, dal pomodoro, alla medica da seme. Un problema per gli agricoltori che si riversa sui contoterzisti che rimangono solo con dei crediti in mano”, ha illustrato Tamburini.

Le ragioni di un 2019 poco felice per i cereali (e non solo) sul piano sia produttivo sia qualitativo sono presto dette: “Le incessanti piogge soprattutto di maggio hanno favorito gli attacchi fungini sul frumento, contro i quali non era possibile intervenire prontamente con i trattamenti adeguati, vista l’impossibilità di entrare in campo con le macchine. Si sono salvate solo le coltivazioni precoci come l’orzo e alcune varietà di grano, per esempio il Bandera con produzioni anche di 90-100 quintali/ha”, ha proseguito Tamburini.

Ma, a parere del presidente di Apimai Ravenna, esistono anche dei motivi più profondi e strutturali che trascendono l’andamento climatico e che vanno affrontati seriamente per mantenere gli investimenti nel settore cerealicolo. “L’Italia non abbandonerà mai il grano, perché arricchisce il terreno in vista delle colture che seguiranno. Se però la ricerca varietale non cambia strada, l’agricoltura italiana sarà sempre meno competitiva e l’acclamato made in Italy sarà realizzato con materie prime provenienti da altri Paesi”.

Oggi un ettaro di grano duro produce meno rispetto a 20 anni fa. “Nel caso del grano tenero i nostri centri di ricerca lavorano su varietà estere, soprattutto francesi, forse poco adatte alla nostra realtà pedoclimatica. La ricerca dovrebbe lavorare su varietà che, oltre a essere resistenti alle malattie, raggiungano alti livelli di produzione da noi e non altrove. Occorrono dei grani che, con un andamento stagionale normale, producano almeno 80 quintali/ha. La ricerca deve porsi questo obiettivo, se vuole valorizzare il prodotto nazionale e non lasciare l’agricoltura alla mercé, nel caso del fumento, di Ucraina, Canada o di altri paesi stranieri. Il risultato economico arriva solo con questi numeri”.

C’è, infatti, un limite commerciale invalicabile anche dalla qualità che fa ritenere che con i cosiddetti grani antichi non si va da nessuna parte: “Non fanno reddito. Anche se sono pagati bene (fino a 60 euro/q), la resa difficilmente supera i 20 q/ha. Qualsiasi altro grano permette di guadagnare di più”. Tutti cercano l’eccellenza e la nicchia, ma per salvarsi non bisogna andare a caccia di chimere ma guardare realisticamente ai livelli di produzione, il mercato non riconosce la qualità fino in fondo e oltre un certo prezzo non si spingerà mai.

Inoltre in Italia manca tra i produttori la voglia e la capacità di fare massa critica per rapportarsi, almeno alla pari, con la grandi industrie molitorie. “Invece continuiamo a muoverci in ordine sparso, senza considerare che siamo portatori di un unico interesse. Così si fa solo il gioco degli altri anelli della filiera; si parte dal prezzo finale al consumatore, ognuno toglie la sua fetta e quello che rimane… lo si dà all’agricoltore”, ha concluso Tamburini.

La programmazione del talk show Agrilinea

Il talk show “Grano italiano. Dare valore alle filiere italiane dalle scelte varietali al rapporto con il mercato” che si è svolto il 30 luglio a Casa Spadoni di Faenza andrà in onda sul circuito Emilia-Romagna nelle seguenti date:

Le prime 3 parti:

  • CANALE 86 – Venerdì 2 agosto alle ore 21.00
  • CANALE 74 – Sabato 3 agosto alle ore 18.00
  • CANALE 14 – Domenica 4 agosto alle ore 21.00

Le ultime 3 parti andranno in onda:

  • CANALE 86 – Venerdì 9 agosto alle ore 21.00
  • CANALE 74 – Sabato 10 agosto alle ore 18.00
  • CANALE 14 – Domenica 11 agosto alle ore 21.00

Il talk completo sarà disponibile su www.agrilinea.tv da lunedì 5 agosto.