Ma la salsiccia vegetale non è contraffazione?

Di   28 Ottobre 2020

Il Parlamento europeo ha bocciato tutti gli emendamenti presentati contro le denominazioni della cosiddetta “carne finta”

Il Parlamento ha detto che sono leciti i nomi bistecca, salsiccia, scaloppina, burger e hamburger vegetali. Sono, infatti, stati bocciati tutti gli emendamenti presentati sulla cosiddette denominazioni della “carne finta” con soia, ceci, lenticchie, piselli, succo di barbabietola, spezie, esaltatori di sapore ed edulcoranti. Prodotti ultra-trasformati con ingredienti frutto di procedimenti produttivi molto spinti con il solo limite di specificare sull’etichetta che non contengono carne.

Subito è arrivata la levata di scudi. Coldiretti: “Serve una norma nazionale per fare definitivamente chiarezza su veggie burger e altri prodotti che sfruttano impropriamente nomi come mortadella, salsiccia o hamburger per evitare l’inganno ai danni del 93% dei consumatori che in italia non seguono un regime alimentare vegetariano o vegano”.
Confagricoltura: “La posizione va contro la trasparenza. I consumatori hanno il diritto di scegliere i prodotti che desiderano, basando la propria scelta su informazioni affidabili che riflettano correttamente le caratteristiche del prodotto”. Una posizione condivisa al 100 per cento da Assocarni: “Un fatto resta, la trasparenza è stata sacrificata a beneficio dell’interesse di poche multinazionali così facendo stiamo suggerendo che un preparato vegetale abbia lo stesso valore culturale e nutrizionale di una bistecca, di un hamburger o di una salsiccia, le etichette raccontano un’altra verità”.
Uniceb vede nella decisione europea il mancato rispetto e salvaguardia per “milioni di lavoratori del settore dell’allevamento e della carne europei” oltre che per “la stragrande maggioranza di consumatori onnivori che non si riconoscono nei regimi alimentari vegetariani o vegani”.
Affermazioni analoghe sono arrivate dalle organizzazione Carne sostenibile (associazione no profit per la produzione sostenibile e il consumo consapevole di carne e salumi), Assica (Associazione industriali delle carni e dei salumi) e Unaitalia (Unione nazionale filiere agroalimentari carni e uova).

Tutti invocano ora una legge nazionale più restrittiva in materia che rimetta le cose a posto, sull’esempio francese e spagnolo. A supporto della richiesta c’è il fatto che la Corte di giustizia europea si è già pronunciata in passato sul fatto che i prodotti puramente vegetali non possono, in linea di principio, essere commercializzati con denominazioni, come ‘latte’, ‘crema di latte’ o ‘panna’, ‘burro’, ‘formaggio’ e ‘yogurt’, con la sola eccezione del tradizionale latte di mandorla italiano.

La partita comunque resta aperta, tutto torna nelle mani dei singoli Stati, e quindi dell’Italia che con decreti nazionali potrà continuare a portare avanti una battaglia che prima di tutto è a favore della scelta consapevole del consumatore.