Europa e biocarburanti

Di   24 Aprile 2019

L’Unione europea ha fissato i criteri di sostenibilità per i biocarburanti (bioetanolo, biodiesel, biometano,biomassa). Per il raggiungimento di obiettivi di sviluppo sostenibile è necessario che siano a basso rischio di cambiamenti indiretti dell’uso del terreno.

Dal 2002 al 2017 in Europa il consumo di biocarburanti per autotrazione è cresciuto di 15 volte, passando da 1,1 a 15,5 Mtep (milioni di tonnellate equivalenti di petrolio). Il biodiesel (prodotto da olo vegetali) è il principale biocarburate ( 80,7% del totale) ed è almeno per il 50% prodotto con l’olio di palma, dal momento che solo sue Paesi (Svezia e Germania) sono concretamente contrari all’olio di palma. Mentre Francia, Spagna, Italia e Inghilterra, tra i principali consumatori di biodoesel, sono netti importatori di olio di palma. Segue il bioetanolo (prodotto da zucchero e cereali) con il 18%. Il biometano (prodotto a partire lda biogas) non raggiunge invece l’1% fermandosi all’ 0,9%.

Pur tra luci ombre, la nuova direttiva delle Energie rinnovabili (Red II) dell’Unione europea ha tracciato la rotta fino al 2030. L’obiettivo è passare dall’attuale 7% di biocarburanti, nel consumo totale del settore dei trasporti, ad un 14% di biocarburanti.

I biocarburanti beneficeranno di sovvenzioni statali, a condizione che vengano rispettati criteri più severi di sostenibilità e di riduzione delle emissioni di gas serra.

Criteri di premialità

  • a partire dal 2021 i biocarburanti per autotrazione dovranno garantire almeno il 65% di riduzione delle emissioni di gas serra, rispetto agli equivalenti fossili.
  • Non è consentita la produzione di biocarburanti o biocombustibili con materie prime provenienti da:
    • ecosistemi naturali ad alta biodiversità (foreste naturali, aree designate per la protezione di specie rare o in pericolo di estinzione, praterie);
    • terreni paludosi che hanno cambiato destinazione dopo il 2008, terreni forestali, terreni con alberi di altezza superiore a 5 m e copertura compresa fra il 10 e il 30%;
    • terreni che erano torbiere fino a gennaio 2008.
  • I biocarburanti possono essere prodotti con biomasse forestali provenienti da silvicoltura, a condizione che queste abbiano apposite licenze, e che l’intensità di ceduazione sia inferiore al ritmo di ricrescita della foresta.
  • Entro il 2030, almeno il 3,5% dell’obiettivo totale di 14% di biocarburanti, dovranno essere “biocarburanti avanzati“, cioè prodotti con biomasse elencate nella parte A dell’allegato IX della Red II. Tali “biocarburanti avanzati” beneficeranno di un doppio incentivo.

Doppio incentivo

Una serie di biomasse di scarto possono dare diritto al doppio incentivo per la produzione di “biocarburanti avanzati”: paglia, deiezioni zootecniche, vinaccia e feccia di vino, gusci di noci, pula, tutolo di mais, residui agroforestali (corteccia, tralci e potature, segatura, foglie secche, ecc.), materiale cellulosico non alimentare in generale, eccetto il legname.

Il doppio incentivo dovrebbe spingere l’industria ad aumentare la domanda dei sottoprodotti, portando al rialzo i loro prezzi e creando dunque una opportunità di reddito addizionale per le aziende agricole. Il biocarburante del prossimo futuro sarà con molta probabilità il biometano e pertanto la digestione anaerobica sarà la principale tecnologia di conversione delle menzionate biomasse, poiché più accessibile per le aziende agricole.

Perplessità

L’ingegnere esperto in energie rinnovabili Mario Rosato ha sottolineato come tre delle biomasse ammesse alle sovvenzioni pubbliche destino qualche perplessità:

  • Le “alghe coltivate in vasche o in fotobioreattori“. Gli investimenti sin qui fatti in questo settore hanno prodotto dei risultati ridicoli. Non è conveniente insistere ancora su questa strada.
  • Gli “effluenti della produzione di olio di palma e steli dei grappoli di frutti di palma“. “Sembra contradittorio che da una parte si disincentivi l’importazione di olio di palma, in quanto ritenuta una coltivazione insostenibile, e dall’altra si conceda un doppio incentivo all’importazione degli scarti della lavorazione di tale olio”, sottolinea Rosato che si pone la domanda se si tratti di uno stratagemma per sovvenzionare non tanto l’importazione di scarti, piuttsto quella di biocarburanti, prodotti direttamente in Malesia e Indonesia, sottraendo così risorse all’agricoltura europea. “Per quale motivo i biocarburanti prodotti con le acque di vegetazione e le sanse dei nostri frantoi, omologhi europei dei sottoprodotti di palma, non sono esplicitamente inclusi fra i beneficiari del doppio incentivo?”
  • La “bagassa“, cioè il residuo fibroso della spremitura della canna da zucchero. Scrive Rosato su Agronotizie: “Come nel caso dei sottoprodotti di palma, tale biomassa dovrebbe essere importata perché la canna da zucchero non viene coltivata in Europa. Non è chiaro perché gli europarlamentari abbiano preferito premiare il sottoprodotto di una coltivazione, che è la principale causa di deforestazione dell’Amazzonia, piuttosto che supportare la filiera della barbabietola da zucchero europea”.

Che cos’è il cambiamento indiretto della destinazione dei terreni (ILUC)?

Un cambiamento indiretto della destinazione dei terreni può verificarsi quando il pascolo o le terre agricole precedentemente destinate ai mercati di alimenti e mangimi sono dirottati verso la produzione di biocarburanti. In questo caso, la domanda di alimenti e mangimi deve ancora essere soddisfatta, il che può portare all’estensione del terreno agricolo in aree con elevato stock di carbonio come foreste, zone umide e torbiere. Ciò implica il cambiamento dell’uso del suolo (trasformando tali aree in terreni agricoli) e potrebbe causare il rilascio di emissioni di gas serra (CO2 immagazzinata negli alberi e nel suolo) che nega il risparmio delle emissioni dall’uso di biocarburanti anziché di combustibili fossili.

Per affrontare tale cambiamento indiretto in marzo la Commissione Ue ha approvato un atto delegato sui criteri di sostenibilità dei biocarburanti con due diverse misure.

  1. Sono stati fissati limiti nazionali per il contributo totale agli obiettivi in materia di energie rinnovabili di biocarburanti, bioliquidi e biocombustibili prodotti da colture alimentari o da mangimi. Questo limite è espresso come 1 punto percentuale in più rispetto alla quota nazionale 2020 di questi carburanti nel consumo finale di energia nel trasporto ferroviario e su strada in ciascuno Stato membro (con un massimo del 7%).
  2. In secondo luogo, la direttiva fissa i limiti nazionali al livello 2019 degli Stati membri per il periodo 2021-2023. Dopo il 31 dicembre 2023, tale limite diminuirà gradualmente, per arrivare a zero entro il 2030 per biocarburanti, bioliquidi e biomassa a elevato rischio ILUC. I limiti influenzeranno la quantità di questi carburanti che può essere presa in considerazione nel calcolo della quota nazionale complessiva di energie rinnovabili e della quota di energie rinnovabili nel settore dei trasporti. Tuttavia, la direttiva introduce un’esenzione da questi limiti per i biocarburanti, i bioliquidi e i combustibili da biomassa che sono certificati per presentare un basso rischio di ILUC.

Tuttavia non ci sono limiti all’importazione o all’uso di questi combustibili. Gli Stati membri saranno ancora in grado di importare e utilizzare carburanti compresi nella categoria di biocarburanti ad alto rischio di ILUC. La limitazione stabilita nella direttiva sui carburanti ad alto rischio di ILUC influisce solo sulla quantità di questi carburanti che può essere conteggiata nel calcolo della quota nazionale complessiva di energie rinnovabili e della quota di energie rinnovabili nei trasporti.

Come vengono identificati i carburanti ad alto rischio di ILUC?

I carburanti ad alto rischio di ILUC sono quelli prodotti da materie prime con una significativa espansione in terreni con elevato stock di carbonio. La legge delegata identifica le seguenti condizioni cumulative:

  1. l’area di produzione globale della materia prima è aumentata ogni anno di oltre l’1% e di 100.000 ettari dopo il 2008. Questo criterio verifica se la materia prima si sta effettivamente espandendo in nuove aree. Le materie prime per le quali non si osserva, o solo molto limitata, l’espansione dell’area di produzione (principalmente perché gli aumenti della produzione sono generati dal miglioramento dei raccolti piuttosto che dall’espansione dell’area di produzione) non causano una deforestazione significativa e, pertanto, non danno luogo a alto livello di emissioni di GHG da ILUC.
  2. oltre il 10% di tale espansione è avvenuto su terreni con elevato stock di carbonio. Questo criterio determina se, o in quale misura, è possibile che i biocarburanti, i bioliquidi e i biocarburanti raggiungano risparmi sulle emissioni di gas serra. Per calcolare se una materia prima è superiore o inferiore alla soglia del 10%, viene applicata una formula. Questa formula prende in considerazione fattori che influenzano la quantità di emissioni di gas serra che possono essere rilasciate o salvate a causa dell’uso di biocarburanti, bioliquidi e biomassa.

Dove possono gli Stati membri reperire i dati necessari per identificare i carburanti ad alto rischio di ILUC?
Gli Stati membri possono trovare questi dati nell’allegato dell’atto delegato e nella relazione di accompagnamento sullo stato di espansione della produzione delle pertinenti colture alimentari e di mangimi in tutto il mondo. La relazione è stata elaborata dalla Commissione su richiesta del Parlamento europeo e del Consiglio e può essere consultata sul sito Web della DG ENER. Questi dati saranno soggetti a revisione entro il 30 giugno 2021.

I biocarburanti che possono essere certificati a basso rischio di ILUC sono il risultato di aumenti di produttività o perché provengono da colture coltivate su terreni abbandonati o gravemente degradati.

Prossimi passi

In seguito all’adozione in marzo da parte della Commissione dell’atto delegato, il Parlamento europeo e il Consiglio dei ministri hanno, nel corso di un periodo di controllo di due mesi, il diritto di esprimere un’obiezione. Se nessuna obiezione verrà ricevuta durante i prossimi due mesi, il testo sarà pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Il periodo di due mesi può essere prorogato di altri due mesi su richiesta del Parlamento europeo o del Consiglio.