Fauna selvatica: la Cia presenta una proposta di riforma della legge

Di   23 Maggio 2019

Ogni anno, soprattutto cinghiali e nutrie, causano danni diretti al settore agricolo per 50-60 milioni di euro. Un problema ormai fuori controllo che può essere affrontato meglio passando dall’attuale principio di protezione a quello di gestione della fauna selvatica, in una più ampia ottica di tutela del patrimonio agricolo.

ROMA – La Cia-agricoltori italiani ha presentato in Senato e alla Camera una proposta di riforma radicale della legge sulla fauna selvatica (la legge 157/92 ). Difficile, infatti, obiettare all’affermazione che la fauna selvatica, dai cinghiali alle nutrie, sia ormai un problema fuori controllo, tra danni milionari ad agricoltura e ambiente, rischio malattie, incidenti stradali e minacce alla sicurezza dei cittadini anche nelle aree urbane.

La Cia propone di passare dal principio di protezione a quello di gestione della fauna selvatica. “L’esempio più lampante riguarda i cinghiali, responsabili dell’80% dei danni all’agricoltura: si è passati da una popolazione di 50 mila capi in Italia nel 1980, ai 900 mila nel 2010 fino ad arrivare a quasi 2 milioni nel 2019. L’attuale legge divide le competenze in diversi ministeri. Occorre invece riportare alcune competenze di fondo presso la presidenza del consiglio dei ministri e, di fatto, ricostituire il comitato tecnico faunistico e venatorio, partecipato dal Mipaaft e dal ministero dell’ambiente, dalle regioni, dalle organizzazioni interessate e da istituzioni scientifiche come l’Ispra”, fa saper la Cia.

Per prima cosa, prsegue la Cia, occorre distinguere le attività di gestione della fauna selvatica da quelle dell’attività venatoria. Per fare ciò il mondo agricolo dovrebbe poter intervenire nella governance dei territori, a tutela delle proprie attività: “le attività di controllo della fauna selvatica non possono essere delegate all’attività venatoria; piuttosto deve essere prevista o rafforzata la possibilità di istituire personale ausiliario, adeguatamente preparato e munito di licenza di caccia, per essere impiegato dalle autorità competenti in convenzione, mettendo in campo anche strumenti di emergenza e di pronto intervento”.

Inoltre, afferma la Cia, “sui propri terreni, i produttori devono poter essere autorizzati ad agire in autotutela, con metodi ecologici, interventi preventivi o anche mediante abbattimento” poiché “la crescita dell’incidenza dei danni da fauna selvatica è esponenziale.

Ad oggi, i danni diretti al settore agricolo accertati dalle regioni corrispondono a 50-60 milioni di euro l’anno, “gli agricoltori hanno diritto al risarcimento integrale della perdita subita a causa di animali di proprietà dello Stato, comprensivo dei danni diretti e indiretti alle attività imprenditoriali“, sostiene poi la Cia, nel precisare che “bisogna superare la logica del ‘de minimis’; mentre criteri, procedure e tempi devono essere omogenei sul territorio, con la gestione affidata alle regioni”.

La Cia sta chiedendo alle Regioni di diventare parte attiva nei confronti del governo affinché si giunga a una modifica della legge 157/92 relativamente alla gestione della fauna selvatica in una più ampia ottica di tutela del patrimonio agricolo. Le prime regioni a aver raccolto l’invito sono Abruzzo, Piemonte e Friuli-Venezia Giulia.