Futuro dei biocarburanti in Europa

Di   23 Ottobre 2019

Nel 2019 è aumentata la produzione. Biodiesel in testa. Pubblicata l’edizione 2019 dell’Eurobarometro dei biocarburanti, a cura dell’agenzia EurObserv’ER

Nel 2018 in Europa la produzione di biocarburanti ha toccato i 17 Mtep (milioni di tonnellate equivalenti di petrolio), l’82% di biodiesel. Rispetto al 2017 c’è stato un incremento del 10% favorito dalla recente direttiva delle Energie rinnovabili per il periodo 2020-2030 (Renewable energy directive 2018/2001/EU, nota come Red II) che penalizza l’utilizzo di materie prime reputate insostenibili per il fenomeno dell’Iluc (Indirect land use change, ovvero la conversione di superficie coltivata per produzione alimentare in superficie coltivata a scopo energetico). Infatti la Red II, pur penalizzando alcune materie prime, concede incentivi doppi per i cosiddetti “biocarburanti avanzati”.

ITALIA SESTA

Nella classifica dei principali produttori europei di biocarburanti, l’Italia è scesa dal quinto al sesto posto, subito dopo l’Inghilterra.

PAESEBIOETANOLOBIODIESELBIOMETANOTOTALE
Francia5862.81203.398
Germania7561.929342.719
Spagna1601.56801.728
Svezia96,61.342,61181.557,2
Inghilterra376,8897,10,41.274,3
Italia32,612170,11.249,7

Tuttavia il volume di biocarburanti indicato nello studio dell’EurObserv’ER si riferisce alla produzione che rispetta i parametri di sostenibilità della direttiva 2009/28/EC. Esiste quindi un ulteriore volume di biocarburanti che non è stato conteggiato, in quanto non avente diritto agli incentivi, nonostante possa essere considerato “bio” a tutti gli effetti.

BIODIESEL E I SUOI FRATELLI

Il mix energetico vede il biodiesel all’82%, il bioetanolo al 17,1% e il biometano allo 0,9%. Il conteggio è realizzato in base al contenuto energetico dei carburanti e non in base ai volumi, dal momento che hanno densità molto diverse.

Stupisce che il biometano, considerato il più sostenibile fra i biocarburanti, sia quasi inesistente a livello statistico. La Svezia è il primo produttore e consumatore europeo di biometano per autotrazione, seguita a lunga distanza dalla Germania. La Svezia ha già 185 stazioni di servizio per il rifornimento di biometano, dieci in più rispetto al 2017, e più di sessanta punti di ricarica di biometano per mezzi pubblici.

LA BREXIT FA BENE ALL’AMBIENTE

La Brexit ha favorito la crescita dei biocarburanti in Inghilterra. Libera dalle direttive di Bruxelles, la Gran Bretagna ha così potuto inserire come obiettivo nazionale il 9,75% di biocarburanti liquidi entro il 2020, più ambizioso di quello dell’Unione europea. Soprattutto ha potuto includere altri carburanti, sostenibili malgrado non portino l’etichetta “bio”, come metano da pirolisi e gassificazione di biomasse, combustibili sintetici prodotti con energie rinnovabili, idrogeno da rifiuti e carburanti speciali per aviazione. Si tratta di combustibili chiamati genericamente con l’acronimo Rfnbo (Renewable fuels of non-biological origin, combustibili rinnovabili di origine non biologica). La quota di Rfnbo, prevista dalla legislazione inglese, sarà dello 0,1% nel 2019, per arrivare al 2,8% nel 2030.

LA FRANCIA HA SCELTO IL BIOETANOLO

La Francia ha promosso la produzione di bioetanolo, incentivando la distribuzione di E85 (una miscela di 85% etanolo e 15% benzina). Alla data odierna, sono già 895 le stazioni di servizio francesi che offrono anche E85.

RUCADUTE DEL BIODIESEL IN AGRICOLTURA

Difficile valutare la possibile ricaduta della produzione di biodiesel sulle aziende oleicole perché il Rappoto non distingue tra:

  • biodiesel prodotto con tecnologia Fame (Fatty acid methyl ester, estere metilico degli acidi grassi)
  • biodiesel prodotto con tecnologia Hvo (Hydrogenated vegetable oil, olio vegetale idrogenato).

Al coltivatore oleicolo interessa la produzione di Fame, perché la tecnologia Hvo richiede impianti di tipo petrolchimico appartenenti alle compagnie petrolifere o loro consorzi, ed utilizza in larga misura olio di palma ed olio esausto da raccolta differenziata.

Pur senza dati certi, non è sbagliato dire che il biodiesel sia un affare soprattutto per i colossi petrolchimici, francese Total in testa. Qualche tribunale si sta però accorgendo la scarsa sostenibilità ambientale dei grandi impianti petrolchimici che utilizzano olio di palma, olio esausto e grassi animali di scarto.

In Italia, con un impianto a Marghera in provincia di Venezia, l’Eni dal 2014 produce 325mila tonnellate/anno di Hvo e si stima che a metà del 2020 inaugurerà un altro impianto in Sicilia per produrre circa 960mila tonnellate/anno, diventando il secondo d’Europa per dimensioni. Come nel caso francese, l’Eni è un importatore netto di olio di palma per cui tale progetto difficilmente aumenterà la domanda di olio italiano.

OLIO DI PINO

La bioraffineria del Gruppo Upm a Lappeenranta (Finlandia) produce 100mila tonnellate/anno di biodiesel a partire da tallolio. Il tallolio (“olio di pino”) è un sottoprodotto della produzione di carta Kraft a partire dalle conifere. In pratica, si tratta di resina di pino saponificata e successivamente acidificata. La resa è all’incirca di 20 kg/t di legname di conifere, ma il pino silvestre scandinavo produce fino a punte di 50 kg/t. La bioraffineria di Lappeenranta converte il tallolio in “bionafta”, commercializzata con il marchio BioVerno.

BIOMETANOLO DA BIOGAS

Il Gruppo olandese BioMCN ha inaugurato nel 2018 un impianto che produce 75 milioni di litri di biometanolo all’anno, utilizzando biogas.

BIOMETANOLO DAI RIFIUTI

Un consorzio costituito da Enerkem, Shell, Air liquide, Nouryon e l’Ente portuario di Rotterdam ha un progetto per costruire un impianto capace di convertire 360mila tonnellate/anno di rifiuti non riciclabili in 270 milioni di litri/anno di biometanolo.

BIOMETANOLO DAGLI SCARTI DEL LEGNO, DELLA PAGLIA E DEI CEREALI

In Finlandia è in costruzione l’impianto Cellunolix, di proprietà di St1 Biofuels Oy in cooperazione con North European Bio Tech Oy. Il nuovo impianto produrrà 50 milioni di litri di bioetanolo/anno a partire da segatura e altri scarti di legno. Sono stati annunciati progetti in Slovacchia e Romania, che produrranno 60 milioni di litri di bioetanolo ciascuno, a partire da paglia di cereali.

L’IMMEDIATO FUTURO IN ITALIA

In Italia il futuro è legato agli incentivi ad investire nella produzione di biocarburanti “avanzati”. Il settore che potenzialmente offre le maggiori possibilità di sviluppo, perché indipendente dalle logiche dei grossi gruppi petroliferi, è quello del biometano avanzato per autotrazione.