I 9 paradossi del farm to fork

Di   8 Aprile 2021

In un video appelo, il settore zootecnico europeo (European Livestock Voice e Carni Sostenibili) invita a riflettere sulla realtà della zootecnia europea e mira a sfatare alcuni luoghi comuni, molti dei quali purtroppo esistevano già prima della pianificazione della strategia farm to fork

Giovedì 25 marzo è stato trasmesso in diretta streaming dal Brussels Press Club, il video “I 9 paradossi di farm to fork” realizzato da European Livestock Voice e Carni Sostenibili presentano il lancio del video.
Nato da un’iniziativa dell’organizzazione italiana che riunisce le associazioni che rappresentano i produttori di carni e salumi e dell’organizzazione che riunisce gli organismi europei della filiera zootecnica, il video è stato lanciato contemporaneamente in 7 paesi europei: Belgio, Italia, Francia, Spagna, Germania, Portogallo e Polonia.

“La strategia dell’Ue Farm to fork è molto ambiziosa, e il settore zootecnico europeo vuole mettere a disposizione le sue conoscenze e il suo know how per non disperdere il patrimonio delle tradizioni agricole e gli enormi progressi compiuti. Gli allevatori europei sono attori impegnati nel cambiamento verso una maggiore sostenibilità, e vogliono evitare che l’approccio farm to fork si basi su preconcetti errati”, hanno illustrato gli organizzatori.

“Un messaggio internazionale e pubblico destinato ai membri delle istituzioni dell’ue che proprio in questi mesi stanno lavorando alla definizione del nuovo piano programmatico che orienterà le politiche agroalimentari dell’Unione per i prossimi decenni”, spiegano le due organizzazioni. “Il video-appello evidenzia come, nonostante le buone intenzioni, la strategia farm to fork non consideri la situazione attuale e le sfide del settore zootecnico, che chiede di essere attivamente coinvolto nel grande processo di transizione green in corso”.

Secondo gli organizzatori, i passaggi fondamentali raccolti nel video-appello e da cui ripartire per ripensare il ruolo della zootecnia all’interno del sistema europeo:

  • valore della carne come alimento per lo sviluppo dell’essere umano;
  • uso del suolo costante per le attività di allevamento negli ultimi 60 anni a fronte di un incremento della popolazione europea di 125 milioni di individui;
  • primato di sostenibilità della filiera zootecnica europea, che con il 7,2% di emissioni di gas a effetto serra già oggi impatta per la metà rispetto alla media mondiale (14,5%);
  • salvaguardia del territorio, per evitare dissesti idrogeologici e perdita di biodiversità;
  • necessità di tutelare il settore per non essere nelle condizioni di dover importare da paesi extra europei, con evidenti contraccolpi all’economia e all’ambiente, considerando anche l’interconnessione della zootecnia con numerose filiere strategiche, alimentari e non (carne, latte, uova, pelletteria, cosmesi, biomedicale, fertilizzanti naturali, petfood, biogas e biocarburanti);
  • garanzia sul benessere animale la cui normativa è tra le più all’avanguardia e complete al mondo;
  • stretta relazione fra l’allevamento di bestiame e minor uso dei fertilizzanti chimici;
  • salvaguardia dei posti di lavoro: ogni allevamento garantisce 7 posti di lavoro;
  • la carne e i salumi come patrimonio gastronomico e culturale;
  • sicurezza e disponibilità alimentare per la popolazione mondiale in continua crescita, che aumenterà di 2 miliardi nei prossimi 30 anni. Nel 2050 circa il 70% della popolazione mondiale vivrà nelle aree urbane e solo una piccola percentuale del rimanente 30% si occuperà della produzione del cibo necessario per sfamare chi vive in città.

A partire da queste osservazioni, è facile, quindi, intuire i rischi a cui andrebbe incontro l’Europa se calassero le rese dell’attività zootecnica e di quella agricola ad essa collegata. Ha detto il professor Giuseppe Pulina, presidente di Carni Sostenibili intervenuto alla presentazione alla stampa internazionale: “Oggi il 40% dell’intero comparto agroalimentare europeo è composto dal settore dell’allevamento che vale circa 170 miliardi di euro e impiega direttamente più di 4 milioni di persone. Partendo da questo presupposto la strategia farm to fork, parte del green deal europeo, può essere l’occasione per valorizzare i risultati raggiunti dal sistema agricolo e zootecnico europeo: la sfida è nella ricerca, nell’innovazione, nella tecnologia, per garantire una produzione sufficiente a rispondere alla crescente domanda mondiale di cibo impiegando meno risorse. Oggi – prosegue PULINA – chi lavora nella filiera della zootecnia ha il dovere di aiutare i decisori a non sprecare la grande occasione di orientare il sistema agroalimentare nei prossimi 10 anni”.

Ha invece detto Birthe Steenberg, segretario generale dell’Avec (Associazione europea carni avicole), parlando a nome di European Livestock Voice: “L’allevamento di animali è stato – ed è ancora – accusato di molti mali, ma è giusto sottolineare le numerose misure già in essere e i progressi sostanziali compiuti da tutti nel nostro settore. E si tratta di lavori in corso. Il video che lanciamo – continua – riflette la realtà della zootecnia e mirano a sfatare alcuni luoghi comuni, molti dei quali purtroppo esistevano già prima della pianificazione della strategia farm to fork. E’ fondamentale far sentire la nostra voce, perché vogliamo essere parte dell’attuale processo che determinerà il futuro, e perché desideriamo renderci disponibili a condividere le nostre conoscenze ed esperienze con i responsabili politici, durante le discussioni in corso su f2f”.

SENSO DI RESPONSABILITA’

Un commento? Giorno dopo giorno l’Europa dimostra di sentirsi responsabile solo di fronte a precisi grandi interessi economici, e l’ecologia appare un paravento per puntare ad altro. Le cronache di tutti i giorni ci invitano a cercare questi interessi economici ora in Cina, ora in Libia, ora in Turchia. Nel caso dell’agroalimentare il settore produttivo, fatto di agricoltori e artigiani, viene svilito da meschinerie come il nustriscore che strizza l’occhio all’industria, scordandosi che il cibo è anche cultura. Che dire dunque della strategia farm to fork? Occorre dar voce e credito alla ricerca seria e indipendente, per informare correttamente i consumatori, e denunciare chi parla sbandierando obiettivi vuoti di significato. Un esempio? Che senso ha sbandierare l’obiettivo populista della riduzione del 50% degli agrofarmaci e dell’uso di fertilizzanti in misura pari al almeno il 20% entro il 2030 senza dire che i livelli di partenza dell’Europa sono già buoni e senza una analisi dei costi e dei benefici per l’ambiente, per la società e per la cultura e le tradizioni alimentari? Di questo passo l’Europa scriverà delle leggi che permetteranno di sostenere economicamente solo le industrie di carne sintetica e i laboratori di ortaggi.

Già da tempo il nostro Paese ha intrapreso percorsi virtuosi di ammodernamento dei sistemi produttivi in una prospettiva di sostenibilità. Un ulteriore balzo in avanti in questa direzione potrebbe essere garantito dalla valorizzazione degli agromeccanici (non delle attività agromeccaniche). Allora si proceda in questa direzione, in difesa dell’agricoltura e del suolo agricolo.