Il coronavirus riporta alla ribalta la cambiale agraria

Di   13 Maggio 2020

Lo strumento, in auge fino alla metà anni 90, dello scorso secolo che consente di concedere prestiti a tasso zero alle imprese agricole è stato rispolverato dall’Ismea, che ha ottenuto il via libera dalla Commissione Ue e ha già avviato la raccolta delle domande

Le aziende agricole sono sempre più a caccia di liquidità: condizione strutturale diventata emergenza con la pandemia del covid 19. Il governo ha convogliato sul settore agricolo un pacchetto di strumenti (sono in cantiere le circolari Ismea e Agea per attivare il fondo da 100 milioni), ma la cambiale agraria è stata accolta con particolare favore dal settore poiché si tratta di uno strumento agile e che gode di un trattamento favorevole. La promessa è di erogare gli aiuti entro una settimana dalla presentazione della domanda.

L’ismea parte con un budget di 30 milioni che consente di mettere a disposizione del sistema a tasso zero prestiti della durata di 5 anni, di cui 2 di preammortamento. L’agevolazione è riservata alle aziende agricole e della pesca che sono state particolarmente colpite dal blocco delle attività a causa del covid 19 per la chiusura dei canali commerciali e per aver perso prodotti deperibili, ma che non erano in difficoltà al 31 dicembre 2019.

La nuova cambiale agraria

Il prestito non può superare il 50% dei ricavi dell’impresa e il tetto fissato è di 30 mila euro. Il rimborso avviene sulla base di un piano di ammortamento di tre rate con scadenze rispettivamente a 36, 48 e 60 mesi dalla data di erogazione. La cambiale agraria, rispetto a quella normale, è meno costosa fiscalmente e dunque più a misura del settore.

In questi ultimi anni lo strumento è stato accantonato a causa della despecializzazione del credito agrario. Scomparsi gli istituti di credito speciali e le sezioni speciali delle aziende di credito ordinarie è iniziato un processo che ha reso sempre più difficile per le aziende agricole l’accesso ai finanziamenti bancari. Il che ha prodotto un pesante impatto sugli investimenti. Infatti con il Testo unico bancario del 1993 e l’affermazione della banca universale, ma soprattutto con le rigide regole di Basilea 2 che hanno introdotto valutazioni del merito creditizio standardizzate, per le aziende agricole, che per la gran parte non redigono bilanci, i mutui sono diventati una chimera.

L’elemento di criticità è rappresentato dalle garanzie che, spesso, l’agricoltore non è in grado di fornire rispettando i rigidi parametri fissati dal sistema bancario. A ciò si aggiunge la scarsa conoscenza da parte degli istituti creditizi delle specificità delle attività agricole e di quelle connesse, il che aggrava l’incomunicabilità tra i due soggetti.

L’Ismea ha provato, anni fa, a superare l’impasse lanciando un rating, messo a punto con Moody’s, in linea con la realtà imprenditoriale agricola. Ma le banche sono apparse restie ad accettarlo. Qualche passo avanti negli ultimi tempi è stato fatto e alcuni importanti gruppi bancari hanno dedicato delle linee di credito per le aziende agricole e investito in professionisti esperti del settore in grado di dialogare con gli agricoltori. Ma le difficoltà non sono superate e proprio l’ultimo report Ismea registra, a fine 2019, una riduzione dello stock dei prestiti alle aziende agricole e agroalimentari rispettivamente del 3,1 e del 2 per cento.
Ora poi con la crisi sanitaria che si è scatenata, e che ha messo in ginocchio le economie mondiali, a rischiare molto è proprio l’agricoltura che, nonostante abbia dimostrato, proprio in questi giorni bui del coronavirus di essere indispensabile per la sopravvivenza e la tenuta sociale, resta un vaso di coccio tra i vasi di ferro. (a.m.c.)

Fonte: Agrapress