Innovazioni mirate per la cerealicoltura

Di   2 Gennaio 2020

Da un convegno di Agia-Cia in provincia di Reggio Emilia alcuni antidoti contro la crisi del settore

GATTATICO (Reggio Emilia) – “Per affrontare la crisi che sta investendo il settore cerealicolo italiano, occorre puntare su smart farming e nuovi modelli relazionali, perché portare innovazione nel comparto può contribuire a scardinare rigidità radicate lungo tutta la filiera, dal rapporto con i fornitori al contatto con il consumatore finale”. Sono queste le conclusioni del convegno “Innovare la cerealicoltura italiana. Lo smart farming dei giovani imprenditori agricoli” che Agia, l’associazione dei giovani imprenditori agricoli di Cia, ha dedicato alla cerealicoltura lo corso 13 dicembre.

L’incontro si è svolto all’istituto Alcide Cervi di Gattatico (Reggio Emilia), dopo quasi un anno di ricerca e analisi sul tema condotto da Agia insieme con il Politecnico di Milano.

“Prima, serve, però, appropriarsi di una vera mappatura delle tecnologie in match più consapevole, con le esigenze di grandi e piccole aziende”, sottolinea Agia.

Preoccupano le condizioni in cui versa il comparto, segnato dai cambiamenti climatici e stretto tra rese basse e prezzi in calo. Ad essere minata è l’Italia leader nelle produzioni specializzate, prima tra tutte quella di grano duro che nel 2019 viaggia su poco più di 4 milioni di tonnellate (-2,3% sul 2018) con un calo di superfici del 6,5% per 1,2 milioni di ettari impiegati. Crescono del 9% i volumi del grano tenero ma, non risparmiato dal clima anomalo, ha perso qualità.

In positivo la produzione del mais, si stima per il 2019 un +2,9% se confermati i circa 6,4 milioni di tonnellate, ma sono diminuite le superfici e i prezzi, sono più bassi del 2,4% rispetto al 2018.

Il climate change, i cui effetti sono evidenti sul prodotto finale, poco c’entra, però, con le difficoltà a evolvere proprie del sistema che governa il settore cerealicolo italiano. Di fatto, l’offerta è frammentata, così come la coesione tra produttori che perdono potere contrattuale.

Secondo il gruppo di lavoro promosso da Agia-Cia, “di qui in avanti a fare la differenza non sarà, infatti, la dimensione aziendale, ma la capacità nell’individuare le scelte di innovazione più adeguate alle fasi del processo, strategiche e funzionali ai volumi dell’impresa. Più smart farming, alleanze con terzisti o stoccatori e sviluppo di protocolli per le grandi imprese. E, quindi, focus su decision support system (dss), agricoltura di precisione e food integrity tracking. Tipicità, integrazione tra trasformazione e distribuzione, rapporto più diretto con il consumatore al centro, invece, del business di imprese più piccole. Dovranno confrontarsi con tracciatura e valorizzazione di partnership che riconoscano ruolo chiave a territorialità e salubrità, puntando su sostenibilità e narrazione del prodotto”.

Da sinistra Incerti, Allegra, Francia e Tassinari

“Per la cerealicoltura italiana è dunque tempo di cambiare passo e innovare nei processi come nelle strategie“, ha detto Stefano Francia, presidente nazionale di Agia-Cia precisando come “la volontà di un evento nella casa dei fratelli Cervi voglia ricordarne la grande modernità in campo agricolo”. “Il digitale ha, in tal senso, innescato forti cambiamenti nelle aziende. Serve per questo, una maggiore sinergia tra imprenditori, istituzioni e consumatori, alleanze di sistema sostenute da piani di sviluppo del settore più coraggiosi. Per questo è opportuno che si investa in conoscenza delle tecnologie, in ricerca e sperimentazione. Che si aiutino le imprese nell’integrazione di nuove forme contrattuali e innovazioni di processo, sostenute da adeguati strumenti di credito per il rischio d’impresa”.

Ma perché rinnovare?

“Occorre avere il coraggio di guardare al futuro della cerealicoltura”, ha detto Cristiano Fini, presidente Cia Emilia-Romagna. Sono due i motivi che dovrebbero convincere a innovare: “Innanzitutto cercare di ridurre i costi di produzione, fondamentale per i cereali e le commodities. In secondo luogo perché abbiamo il dovere di indirizzare le scelte delle nostre aziende verso una qualità sempre maggiore. Nelle commodities il solo modo per distinguersi è infatti non finire nel mucchio”. L’obiettivo è quindi una sostenibilità sia ambientale sia economica.

Al convegno è intervenuta anche Antonella Incerti, della Commissione agricoltura alla Camera dei deputati, che ha sottolineato come “le istituzioni devono supportare e indirizzare un processo di innovazione necessario”, ma per questo è necessario “fare sistema e calarsi nella realtà territoriale”. Ha quindi accennato al New green deal della politica agricola europea e al tema della redditività e delle filiere interconnesse “per sapere quanto produrre in base alla domanda”. Ha quindi concluso affermando che “il ministero ha elaborato delle linee guida per sostenere l’agricoltura di precisione e digitale, dalla diffusione della banda larga, al rinnovamento di un parco macchine troppo datato”.

Contoterzisti, cerealicoltura e innovazione

Tassinari

Invitato a intervenire, il presidente nazionale UNCAI Aproniano Tassinari ha ricordato l’importanza delle idee dare il via e consolidare qualsiasi programma di “rivoluzione digitale” dell’agricoltura italiana: “Senza le idee, ogni spinta a rinnovare si esaurisce. Tutta la categoria dei contoterzisti deve mettersi in testa che deve crescere e professionalizzarsi, dotarsi di un comune linguaggio digitale che gli permetta di sapere quante ore ha lavorato un dipendente, cosa ha fatto e come l’ha fatto; di non andare a sentimento nella gestione dell’azienda ma prendere decisioni sulla base di fatti e non di sensazioni. L’agricoltura digitale permette di raccogliere e analizzare molti dati e raggiungere una sintesi finalmente utile all’operatività aziendale. Ma c’è molta strada da fare, perché se in Lombardia ci sono dei contoterzisti con un potale che aggrega l’offerta degli agromeccanici e la domanda degli agricoltori, in gran parte dell’Italia siamo sempre all’anno zero. La scuola potrebbe fare molto, ma dovrebbe prima ripristinare una materia importantissima come la meccanica agraria, scomparsa dai programmi ministeriali. Una spinta potrebbe arrivare anche da un albo nazionale dei contoterzisti, che certifichi la perizia e la sicurezza dell’agromeccanico, ma anche le lavorazioni dall’aratura fino allo stoccaggio in silibag”.

“L’innovazione – ha detto Pietro Torresan del Politecnico Milano – deve essere assorbita nella realtà di impresa che però agisce con risorse limitate”. Occorre quindi trovare il bandolo della matassa: “Produzione, stoccaggio, trasporto, molitura e industria non possono essere trattati in modo staccato. Il digitale permette di non ragionare più a compartimenti stagni”.

Gli interventi successivi hanno cercato di entrare maggiormente nello specifico trattando i quattro punti chiave del Codice di condotta nell’innovazione (1. proprietà del dato digitale, 2. interoperabilità dei sistemi tecnologici, 3. libertà di muoversi da un sistema all’altro 4. rappresentatività collettiva del dato): “Gli agricoltori assumono un ruolo di co-progettatori dell’innovazione. Sono soggetti attivi che non devono subire il cambiamento. Se grazie alle nuove tencologie il nostro prodotto vale di più, questo delta, questo miglioramento non ci deve vedere esclusi”, ha detto il vicepresidente nazionale Agia-Cia Luca Trivellato.

Dopo aver citato le ricerche dell’Osservatorio Smart AgriFood circa il valore nel mondo e in Italia dell’agricoltura 4.0, Valeria Villani (presidente Agia-Cia Emilia-Romagna) ha illustrato il ruolo a supporto delle aziende agricole dei contoterzisti (“occorre una alleanza forte con loro: rendono possibili certi investimenti e le innovazioni colturali, permettono di affrontare i cambiamenti climatici grazie a strumentazioni che rendono più facile e ponderato il processo decisionale, inoltre i contoterzisti giocano una partita cruciale per la tracciabilità, lo stoccaggio e la conservazione del prodotto”): “L’agricoltore conosce il valore del suo prodotto (qualità e sostenibilità ambientale), ma deve imparare a comunicarlo al consumatore”.

Carmelo Allegra, presidente Agia-Cia rappresentava invece la piccola e madia azienda cerealicola: “Come resistere e fare cerealicoltura con soli 20 ettari? Oggi, nel caso del grano duro sono elementi valoriali anche la biodiversità, il mantenimento del paesaggio rurale in zone marginali e la salubrità del prodotto, non solo la proteina. Siamo convinti che i piccoli produttori debbano chiudere filiere corte, proponendo sistemi produttivi diversi, come farine bio e farine integre” e proporsi direttamente al mercato con lo strumento dell’e-commerce. “Dobbiamo dedicarci interamente alla distribuzione e alla commercializzazione, delegando ai terzisti le lavorazioni nei campi”.

Marco Bettiol (Dipartimento di scienze economiche e aziendali Università di Padova) ha quindi descritto lo smart farming come una rivoluzione lenta: “Deve essere costante nel tempo e richidede adattamento, investimenti a partire dalla banda larga fino a sistemi gestinali”.

Giuseppe Mecca, presidente Agia-Cia Basilicata ha infine messo a fuoco lo stato dell’arte della cerealicoltura in Basilicata illustrando la strategia di circa 800 aziende agricole socie dell’Unione cooperativa sviluppo agricolo del Vulture e dell’Unità contadina di Lavello: “è nata una collaborazione tra noi e alcune cooperative di stoccaggio. Ci siamo uniti nella OP “Italia Cereali” per accrescere la competitività delle nostre aziende, in gran parte piccole e poco strutturate. In questo modo riusciamo a fare massa critica, aggreghiamo il nostro prodotto per venderlo direttamente ai mulini o a grossi commercianti e strappiamo prezzi migliori per sementi, attrezzature e mezzi tecnici. L’obiettivo è avere più marginalità, senza la quale l’agricoltura di precisione e digitale sono impensabili”.

Antenore Cervi

Hanno quindi chiuso il tavolo tecnico su Smart Farming e ceralicoltura Marco Pirani, presidente Progeo; Simone Agostinelli, sustainable farming professional Barilla spa; Marco Bergami, membro comitato prezzi Borsa merci di Bologna e Antenore Cervi, presidente Cia Reggio Emilia.