L’impatto economico di farm to fork

Di   21 Settembre 2021

La Commissione Europea non ha svolto una valutazione d’impatto globale delle sue strategie “Dal produttore al consumatore” e biodiversità, lasciando che diversi attori – come CCR e USDA – presentassero le loro prime analisi che sono, a dir poco, preoccupanti

di Massimiliano Giansanti, presidente di Confagricoltura e vicepresidente del Copa

Il Centro Comune di Ricerca (CCR) è l’organismo che fornisce consulenze scientifiche indipendenti a supporto del processo decisionale della Commissione europea. La sua relazione tecnica sull’impatto della strategia Farm to Fork evidenzia una riduzione senza precedenti della capacità produttiva dell’agricoltura europea e del reddito degli agricoltori.

La relazione presenta lo scenario modellato per un’attuazione ambiziosa delle proposte di riforma della PAC sulla base di quattro obiettivi: 1) la riduzione del rischio e dell’uso di pesticidi; 2) la riduzione dell’eccedenza di nutrienti; 3) l’aumento della superficie dell’agricoltura biologica; 4) l’aumento della superficie per gli elementi caratteristici del paesaggio con elevata diversità.

Pur coprendo solo quattro degli obiettivi delle strategie “Dal produttore al consumatore” e sulla biodiversità, e non tenendo conto dei risultati dell’accordo politico sulla riforma della PAC e dei suoi requisiti climatici e ambientali più rigorosi rispetto alla proposta originaria della Commissione, la relazione prevede già un calo della produzione agricola europea del 5-15% (a seconda del prodotto/scenario) e un aumento del 10% dei costi di produzione, conseguenze che possono quindi essere considerate come sottostimate. Prefigura tagli incisivi sugli allevamenti, una contrazione delle esportazioni di cereali, carni suine e avicole, nonché un peggioramento del deficit commerciale dell’UE per semi oleosi, ortofrutticoli, carni bovine, ovine e caprine. Insieme agli agricoltori verrebbero colpiti pure i consumatori, con un aumento nell’ordine del 10% dei prezzi, dovuto sostanzialmente alla maggiore dipendenza dalle importazioni in arrivo dai paesi terzi. In aggiunta, non si avrebbero gli attesi benefici per l’ambiente; ad avviso degli studiosi più della metà della riduzione di gas a effetto serra prevista dalle misure europee verrebbe sostituita da rialzi equivalenti delle emissioni di gas serra dei paesi terzi, che aumenteranno le loro esportazioni per coprire il fabbisogno alimentare dei cittadini dell’Unione Europea.

Oltreoceano: studio d’impatto dell’USDA

La relazione degli esperti scientifici europei conferma in larga misura le valutazioni già espresse nei mesi scorsi dai ricercatori del Servizio di ricerca economica (ERS) del Dipartimento dell’agricoltura degli Stati Uniti d’America (USDA). I ricercatori americani hanno prefigurato lo scenario dell’attuazione della strategia Farm to Fork che implica la riduzione dell’uso di fertilizzanti (20%), pesticidi (50%), antimicrobici (50%) e la rimozione dei terreni dall’uso agricolo (10%) entro il 2030. Queste riduzioni mirate degli input agricoli potrebbero avere un impatto sui prezzi dei prodotti alimentari in almeno tre modi. In primo luogo, i costi di produzione potrebbero aumentare dovendo individuare input alternativi. In secondo luogo, la produzione agricola potrebbe diminuire a causa di un minor numero degli input precedentemente utilizzati. Inoltre, i prezzi sul mercato internazionale potrebbero aumentare a causa della contrazione dell’offerta disponibile e della domanda alimentare anelastica. I costi crescenti verrebbero ad incidere pure sui bilanci dei consumatori.

Tutto ciò avrebbe contraccolpi sul prodotto interno lordo (PIL) mondiale. I ricercatori statunitensi stimano che la produzione agricola europea diminuirebbe del 12% e ciò si tradurrebbe in una diminuzione della produzione mondiale dell’1%. Contraccolpi anche sull’economia degli stessi Stati Uniti dove la produzione di alcune materie prime potrebbe aumentare, ma sarebbe quasi interamente compensata dalla riduzione della produzione di altre materie prime, con una crescita dell’agricoltura totale inferiore allo 0,5%. In questo scenario la riduzione degli input agricoli imposta dall’UE porterebbe ad un aumento dei prezzi dei prodotti alimentari del 17% Con ripercussioni sui loro scambi con il resto del mondo ed un effetto di ricaduta che farebbe aumentare i prezzi anche in altre regioni. I prezzi del cibo negli Stati Uniti potrebbero aumentare del 5%, mentre i prezzi alimentari globali potrebbero aumentare del 9%.

Confagricoltura: silenzio assordante della Commissione

La Commissione UE non può restare in silenzio, è indispensabile ed urgente una presa di posizione ufficiale. Analoga richiesta è stata formulata da Copa-Cogeca, i coordinamenti di associazioni agricole e cooperative europee.

Ad avviso di Copa-Cogeca, strategie come Farm to Fork e quella per la biodiversità creeranno un divario sempre più ampio nelle pratiche e nella competitività con i concorrenti internazionali. Se non si vuole organizzare la delocalizzazione di una parte della sua agricoltura verso paesi terzi, l’Unione europea deve essere ambiziosa nella politica commerciale, proprio come lo è con le strategie interne. Quando sono in ballo questioni che riguardano la sostenibilità ambientale ed i redditi di consumatori e agricoltori non si può procedere al buio e senza il necessario rigore scientifico. Scelte avventate potrebbero distruggere il potenziale produttivo europeo, senza arrecare veri benefici ambientali. Gli agricoltori sono pronti a fare la propria parte per la sostenibilità ambientale, anche perché, come dimostrano gli eventi degli ultimi tempi, il cambiamento climatico impatta pesantemente sui raccolti e sulle strutture aziendali.

Il Centro Comune di Ricerca (CCR) è l’organismo che fornisce consulenze scientifiche indipendenti a supporto del processo decisionale della Commissione europea. La sua relazione tecnica sull’impatto della strategia Farm to Fork evidenzia una riduzione senza precedenti della capacità produttiva dell’agricoltura europea e del reddito degli agricoltori.

La relazione presenta lo scenario modellato per un’attuazione ambiziosa delle proposte di riforma della PAC sulla base di quattro obiettivi: 1) la riduzione del rischio e dell’uso di pesticidi; 2) la riduzione dell’eccedenza di nutrienti; 3) l’aumento della superficie dell’agricoltura biologica; 4) l’aumento della superficie per gli elementi caratteristici del paesaggio con elevata diversità.

Pur coprendo solo quattro degli obiettivi delle strategie “Dal produttore al consumatore” e sulla biodiversità, e non tenendo conto dei risultati dell’accordo politico sulla riforma della PAC e dei suoi requisiti climatici e ambientali più rigorosi rispetto alla proposta originaria della Commissione, la relazione prevede già un calo della produzione agricola europea del 5-15% (a seconda del prodotto/scenario) e un aumento del 10% dei costi di produzione, conseguenze che possono quindi essere considerate come sottostimate. Prefigura tagli incisivi sugli allevamenti, una contrazione delle esportazioni di cereali, carni suine e avicole, nonché un peggioramento del deficit commerciale dell’UE per semi oleosi, ortofrutticoli, carni bovine, ovine e caprine. Insieme agli agricoltori verrebbero colpiti pure i consumatori, con un aumento nell’ordine del 10% dei prezzi, dovuto sostanzialmente alla maggiore dipendenza dalle importazioni in arrivo dai paesi terzi. In aggiunta, non si avrebbero gli attesi benefici per l’ambiente; ad avviso degli studiosi più della metà della riduzione di gas a effetto serra prevista dalle misure europee verrebbe sostituita da rialzi equivalenti delle emissioni di gas serra dei paesi terzi, che aumenteranno le loro esportazioni per coprire il fabbisogno alimentare dei cittadini dell’Unione Europea.

Oltreoceano: studio d’impatto dell’USDA

La relazione degli esperti scientifici europei conferma in larga misura le valutazioni già espresse nei mesi scorsi dai ricercatori del Servizio di ricerca economica (ERS) del Dipartimento dell’agricoltura degli Stati Uniti d’America (USDA). I ricercatori americani hanno prefigurato lo scenario dell’attuazione della strategia Farm to Fork che implica la riduzione dell’uso di fertilizzanti (20%), pesticidi (50%), antimicrobici (50%) e la rimozione dei terreni dall’uso agricolo (10%) entro il 2030. Queste riduzioni mirate degli input agricoli potrebbero avere un impatto sui prezzi dei prodotti alimentari in almeno tre modi. In primo luogo, i costi di produzione potrebbero aumentare dovendo individuare input alternativi. In secondo luogo, la produzione agricola potrebbe diminuire a causa di un minor numero degli input precedentemente utilizzati. Inoltre, i prezzi sul mercato internazionale potrebbero aumentare a causa della contrazione dell’offerta disponibile e della domanda alimentare anelastica. I costi crescenti verrebbero ad incidere pure sui bilanci dei consumatori.

Tutto ciò avrebbe contraccolpi sul prodotto interno lordo (PIL) mondiale. I ricercatori statunitensi stimano che la produzione agricola europea diminuirebbe del 12% e ciò si tradurrebbe in una diminuzione della produzione mondiale dell’1%. Contraccolpi anche sull’economia degli stessi Stati Uniti dove la produzione di alcune materie prime potrebbe aumentare, ma sarebbe quasi interamente compensata dalla riduzione della produzione di altre materie prime, con una crescita dell’agricoltura totale inferiore allo 0,5%. In questo scenario la riduzione degli input agricoli imposta dall’UE porterebbe ad un aumento dei prezzi dei prodotti alimentari del 17% Con ripercussioni sui loro scambi con il resto del mondo ed un effetto di ricaduta che farebbe aumentare i prezzi anche in altre regioni. I prezzi del cibo negli Stati Uniti potrebbero aumentare del 5%, mentre i prezzi alimentari globali potrebbero aumentare del 9%.

Confagricoltura: silenzio assordante della Commissione

La Commissione UE non può restare in silenzio, è indispensabile ed urgente una presa di posizione ufficiale. Analoga richiesta è stata formulata da Copa-Cogeca, i coordinamenti di associazioni agricole e cooperative europee.

Ad avviso di Copa-Cogeca, strategie come Farm to Fork e quella per la biodiversità creeranno un divario sempre più ampio nelle pratiche e nella competitività con i concorrenti internazionali. Se non si vuole organizzare la delocalizzazione di una parte della sua agricoltura verso paesi terzi, l’Unione europea deve essere ambiziosa nella politica commerciale, proprio come lo è con le strategie interne. Quando sono in ballo questioni che riguardano la sostenibilità ambientale ed i redditi di consumatori e agricoltori non si può procedere al buio e senza il necessario rigore scientifico. Scelte avventate potrebbero distruggere il potenziale produttivo europeo, senza arrecare veri benefici ambientali. Gli agricoltori sono pronti a fare la propria parte per la sostenibilità ambientale, anche perché, come dimostrano gli eventi degli ultimi tempi, il cambiamento climatico impatta pesantemente sui raccolti e sulle strutture aziendali.