Lutto nel mondo dei trattori

Di   16 Marzo 2022

L’11 marzo 2022 è mancato Antonio Carraro, Presidente della Antonio Carraro spa

Parlare della vita di Antonio Carraro è parlare dell’azienda che porta il suo stesso nome. Dalla divisione dell’antica “Giovanni Carraro”, fondata nel 1910, industria padovana produttrice di seminatrici, trattori e motori diesel, nascono, nel 1960, due aziende distinte: la Antonio Carraro di Giovanni (con Antonio, la sorella Bianca e il padre Giovanni) e la Carraro spa (con Oscar, Mario, Francesco e Clara, gli altri figli di Giovanni). I due rami dei Carraro si distinguono per la diversa visione imprenditoriale: quello di Antonio si specializza nei trattori compatti a ruote isodiametriche per l’agricoltura specializzata; mentre il ramo di Mario, Carraro spa, nella produzione in larga scala di assali per trattori e componenti per l’automotive.

Antonio Carraro, nato a Campodarsego, Padova, il 4 marzo 1932, lascia la moglie Luciana e sei figli, Marcello, Liliana, Massimiliano, Silvia, Davide, Barbara. Amava collezionare opere d’arte, la lettura e la misica classica (era un esperto di Beethoven*, Brahms, Bach e Mozart).

Dopo la scissione dell’industria Giovanni Carraro, nel 1960, Antonio Carraro inizia la sua produzione di trattori compatti per l’agricoltura specializzata di nicchia, adottando come marchio di fabbrica i quattro cavalli rotanti, un simplegma di origine persiana rappresentato in un graffito del 1600, simbolo di fertilità e di forza. Dagli inizi i successi si susseguono: dal 1970 cresce il distacco da tutta la concorrenza e il marchio Antonio Carraro diviene leader del settore dei trattori compatti.

Nel 1973 Antonio Carraro fonda il “Centro Studi e Ricerche”, uno tra i primi in Italia del settore metalmeccanico, dove organizza un’equipe di tecnici dedicati esclusivamente alla ricerca di mezzi innovativi per l’agricoltura, dando seguito a collaborazioni con gli Istituti Universitari di Padova, Bologna, Berlino, Humboldt, Sidney.
Dagli anni 2000 inizia il primo grande piano di espansione dell’azienda con la costruzione di nuovi capannoni, sempre a Campodarsego, e la riorganizzazione di tutti i reparti produttivi, sposando le tesi della Porsche Consulting di Stoccarda. Il training, durato 3 anni, segna una svolta fondamentale per l’azienda, oggi ai vertici delle industrie della meccanizzazione agricola per la massima tecnologia applicata ai processi produttivi e la formula di organizzazione secondo la filosofia giapponese “Kaizen” del miglioramento continuo a piccoli passi.

Nelle coltivazioni a filare di vigneti e frutteti, nelle colture di montagna, nelle serre, nei pascoli e nelle foreste, nella manutenzione del verde pubblico e privato, nella viabilità invernale, nei cantieri, nella manutenzione degli impianti sportivi, un trattore Antonio Carraro può fare la differenza di resa e benessere operativo.

In Italia, da molti anni, il marchio Antonio Carraro detiene il primato per immatricolazioni nel segmento dei trattori compatti. Nel mondo è tra i primi 7 marchi.

Antonio Carraro, con la sua storia, ha determinato una grande crescita della sua azienda e dell’indotto ad essa connesso, contribuendo allo sviluppo dell’occupazione in ambito meccanico. Contestualmente si può dire che i mezzi da lui creati, hanno determinato un forte impulso per l’economia agricola delle zone del Bacino del Mediterraneo e delle zone montuose dell’area Alpeadria (Nord Italia, Svizzera, Austria e Paesi dell’Est), del Sud Italia, di Spagna, Grecia, Portogallo, ma anche Germania, Francia e di tutta Europa. Dagli Anni ’60 in poi, sono nate centinaia di concessionarie di trattori e punti vendita AC.

Attivo in azienda, fino a qualche settimana prima della scomparsa, Antonio Carraro seguiva costantemente i lavori del Reparto di Ricerca e Sviluppo dell’azienda, dove si recava quotidianamente. Di carattere buono e generoso, ha sempre partecipato intensamente alla vita aziendale, recitando anche come protagonista nei documentari istituzionali e negli spot pubblicitari (l’ultimo con Albano Carrisi, amico e cliente di vecchia data).

A novembre è uscito l’ultimo film commemorativo dei 110 anni dell’azienda “Costanza e salti” del regista padovano Federico Massa, che lo ha visto protagonista nel ruolo di se stesso quale pioniere dell’industria del trattore, che ha trascorso la vita amando e sviluppando la sua industria che oggi conta oltre 500 dipendenti, 5 filiali (Spagna, Usa, Turchia, Cile, Francia), 650 concessionarie e punti vendita nel mondo. Oggi, il brand Antonio Carraro dei 4 cavalli rotanti, simbolo di altissima qualità, è considerato la “Ferrari” dei trattori.

OLTRE L’IMPRENDITORE, L’UOMO

Di carattere riservato e per certi versi timido, Antonio Carraro, fin da ragazzo, si appassiona alla meccanica, ma anche all’arte e alla musica classica. Seppur invitato per prestigio e cultura a ricoprire ruoli istituzionali, non ha mai accettato nessun incarico, al di fuori della propria azienda, ritenendolo incompatibile con l’attività di industriale. Unica eccezione alla sua filosofia di vita, è avvenuta in occasione delle varie presentazioni dell’ultimo libro dello scrittore Piero Buscaroli intitolato “Beethoven”, a partire dal 2005, in cui il critico musicale (grande amico di Antonio Carraro) lo invitava in qualità di profondo conoscitore di Beethoven, come relatore e commentatore. Dagli anni ’60 ha ricoperto la carica di Presidente della Antonio Carraro spa, occupandosi quotidianamente delle attività del Reparto di Ricerca e Sviluppo (R&D) dell’azienda.

Riportiamo una delle ultime interviste ad Antonio Carraro, non in qualità di industriale, ma di appassionato d’arte e della “sua” Padova.

«La mia caratteristica principale? L’ossessione per l’estetica e la qualità.»
Antonio Carraro, Presidente Antonio Carraro spa, si racconta…

“Sono orgoglioso che la mia azienda risieda ancora nello stesso sito produttivo di mio padre, che per primo si insediò nel 1910. L’attività della nostra famiglia di fabbri, per la verità, era cominciata dal 1875, anno in cui risale la proprietà dei Carraro di questo terreno dove ancora siamo.

Fin da bambino ho lavorato con mio padre Giovanni ed i miei fratelli. Già a 13 anni frequentavo i mercati di macchine agricole del Nord Italia, accompagnato, in moto, da Oscar, il maggiore dei miei fratelli. Da allora sono successe tante cose. Oggi sono orgoglioso di poter dire che la mia azienda in Italia rappresenta il marchio n. 1 per immatricolazioni nel segmento dei trattori compatti, ed è ottava, forse settima, nel mondo.

Durante la mia attività, non ho mai pensato al guadagno in sé, ma a quanto avrei potuto far crescere la mia azienda e inventare, ogni volta, un nuovo trattore, più bello, più completo, più efficiente e confortevole del modello precedente. Per questo mi piace dire che noi produciamo “il più bel trattore del mondo”. Ogni volta partiamo da questo assunto, da questa volontà di andare avanti, migliorandoci sempre. Io ed i miei collaboratori tutti. Che non sono solo le maestranze, ma tutti i lavoratori della mia azienda che con il loro impegno e le loro capacità, ognuno per se, possono contribuire a migliorare l’azienda e i nostri prodotti.

LA FAMIGLIA AC

La più grande soddisfazione della mia vita, tuttavia, non è data dal lavoro, ma dal mio matrimonio con Luciana, mia moglie, e dalla nascita dei miei sei figli. Luciana l’ho conosciuta giovanissima. Mio padre l’aveva assunta come interprete perché conosce l’italiano, l’inglese, il francese e l’arabo, essendo nata ad Alessandria d’Egitto e avendo frequentato lì, un istituto internazionale francese.
I miei stimoli al “fare” sono sempre scaturiti dalla mia famiglia, dove tutti partecipano, ognuno a modo suo, secondo le proprie capacità ed attitudini.
I miei figli dicono io abbia un carattere buono, anche se talvolta severo. E’ vero: quando si parla meccanica, musica o arte, le mie grandi passioni, mi infervoro. Non mi affascinano invece le discussioni politiche. Mi è capitato spesso di essere invitato a partecipare attivamente alla vita politica sociale, ma ho sempre declinato l’invito ritenendolo incompatibile con la mia l’attività di industriale.

Dopo la famiglia e i trattori, dedico tutto il mio tempo libero a coltivare la mia vita interiore, leggendo, ascoltando musica o visitando luoghi d’arte, musei, ma soprattutto chiese.

Amo Padova, la mia città, bellissima e ricca di opere assolute. Pensiamo solo al Giotto, al Mantegna, al Sansovino, al Veronese, al Briosco, alle opere del Donatello. Peccato che alcune ricostruzioni, dopo i bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale, siano state fatte in maniera infelice. Mi riferisco a Corso Milano, ad esempio: io me lo ricordo prima della guerra. Era il viale nobile della città, ma oggi è un agglomerato di costruzioni ahimè, disarmoniche, nate senza una progettualità d’insieme. Oppure Piazza Spalato (ex Piazza Insurrezione): doveva essere il crocevia di tutte le strade intorno a Padova. Non è stato così. La logica della costruzione selvaggia degli anni del boom economico, ha prevalso.

Ora, alla mia età, accetto e comprendo: la polemica è un’attività completamente inutile, in molti casi. Diciamo che sono diventato più filosofo: quello che è stato, è stato. Fortunatamente ho avuto tante soddisfazioni dalla vita e soprattutto dalla mia attività industriale. La mia più grande è, ad esempio, la gratificazione data dai nostri clienti, anche quelli speciali come Al Bano Carrisi, Gianni Morandi, il cantante Sting, Mogol, o le aziende vinicole di gran prestigio come Moët Chandon, Cà Del Bosco, Voerzio (Barolo), Antinori.

Se devo riconoscermi un’ossessione, è quella per il prodotto. Sono sempre stato convinto che nella creazione di un bene strumentale come il trattore, nulla deve essere lasciato al caso, perché è la cura maniacale del dettaglio a determinare l’eccellenza del risultato finale. Il mio sogno nel cassetto è sempre lo stesso: far crescere la mia azienda, continuando a produrre il mio Made in Italy, i miei trattori, nel mio paese.

La crisi di questi anni ci condiziona, è normale, ma io sono da sempre un’ottimista. Una caratteristica che accomuna gli appassionati d’arte, poiché l’amore per le cose belle e i capolavori assoluti addolcisce la vita interiore di ogni essere umano. Vivendo a Padova sono doppiamente fortunato, poiché Padova è tra le più belle città d’Europa. Pensiamo alla grandiosità di Prato della Valle o alla Cappella degli Scrovegni, un luogo straordinario dove si è rapiti dalla bellezza dei dipinti di Giotto. O ai capolavori scultorei che Donatello ci ha lasciato nei suoi 11 anni di permanenza a Padova. Dal mio punto di vista Donatello è un genio assoluto: oltre ad un enorme talento di scultore possedeva una genialità architettonica unica nel determinare le coordinate perfette dove piazzare le sue opere. Come nel caso del monumento a Erasmo da Narni detto il Gattamelata che domina lo spazio prospicente l’entrata della Basilica del Santo, con la sua impressionante, quasi sfrontata, potenza. Un monumento equestre che rende maestoso e solenne uno spazio originariamente umile e di invito alla raccolta dei fedeli, in quella chiesa francescana del 1238, divenuta in seguito a varie ricostruzioni, lo stupendo Santuario a Sant’Antonio che oggi ammiriamo.”