Nobel per la chimica alle scienziate del “genome editing”

Di   15 Ottobre 2020

La CRISPR è uno strumento rivoluzionario anche in agricoltura ma la sfida maggiore rimane ancora oggi l’opinione pubblica, spesso ostile a questa tecnologia

L’Accademia Svedese delle Scienze ha assegnato il nobel per la chimica a Emmanuelle Charpentier e a Jennifer Doudna per aver messo a punto CRISPR-Cas9, la tecnica di miglioramento genetico che ha sparigliato le carte e messo fuori gioco tanti pregiudizi sugli Ogm.

Con la Crisp, infatti, non si può più parlare di scienza di Frankenstein, perché, per dirla semplice, l’organismo geneticamente modificato non ha più un dna con alcune parti provenienti da altri organismi.

Per spiegare un po’ meglio la grandezza della loro scopera, si può dire che le due donne, a distanza di migliaia di chilometri l’una dall’altra, hanno spiegato al mondo come l’evoluzione avesse fornito a un batterio lo strumento per ritoccare, potenzialmente, il genoma di qualsiasi organismo. Era solo il 2015. Cinque anni fa. Di solito l’Accademia Svedese si prende moti pià anni prima di riconoscere la grandezza di una scoperta scientifica.

Che sia un segnale per dire di affrettarci a impiegare l’editing genetico, se si vuole una agricoltura più sostenibile e, come si dice adesso, più resiliente?

Al di là delle potenzialità applicative nell’uomo per la cura di molte malattie con basi genetiche, e delle loro complicate implicazioni etiche, la CRISPR è, infatti, uno strumento rivoluzionario anche in agricoltura. La tecnologia dell’editing genomico ha rapidamente preso piede in molti laboratori ed è diventata uno dei più importanti strumenti per aumentare la resistenza genetica delle piante ai patogeni.

Viene applicata prima di tutto contro le infezioni da virus, permette di ottenere non solo piante geneticamente modificate, ma anche mutanti non-transgenici potenzialmente (legislazione permettendo) utilizzabili in campo. Anche l’applicazione di questa tecnica per conferire alle piante resistenza a funghi e batteri patogeni ha dato risultati molto incoraggianti, come nel caso del frumento, riso, pomodoro e vite.

Interessanti anche i risultati raggiunti applicando il genome editing su piante di interesse agrario per ottenere un aumento della resa, mediante la generazione di linee maschili sterili (frumento e pomodoro) oppure attraverso lo sviluppo di germoplasmi resistenti agli erbicidi che favoriscono, anche, la prevenzione della degradazione del suolo.

Nelle sue motivazioni al premio la Royal Swedish Academy of Sciences ha spiegato che “solo l’immaginazione può porre dei limiti alle applicazioni di questa scoperta”: un messaggio forte che ci auguriamo sia raccolto dalla classe dirigente e da una opinion pubblica, spesso ostile a questa tecnologia vuoi per scarse conoscenze o perché mal consigliata.