Non meno di 200 euro alla tonnellata per il mais

Di   19 Settembre 2019

La filiera del mais italiano al completo si ritrova in provincia di Lodi e chiede al nuovo governo e al ministro Bellanova di proseguire il lavoro svolto dal tavolo tecnico e rendere operativo il piano maidicolo nazionale elaborato a inizio estate

Il presidente di UNCAI Aproniano Tassinari

LODI, 19 settembre – Il problema del mais e delle aziende maidicole sono i 500 euro/ettaro che mancano affinché la coltivazione sia remunerativa e, soprattutto, competitiva con il prodotto che arriva da altri paesi. Esistono delle strategie per portare (anzi fissare) il prezzo a 200 euro alla tonnellata? Si è discusso di questo ieri sera all’agriturismo Luna di Marudo (Lodi). L’occasione è stata la registrazione del talk show di Agrilinea TV dal titolo “Una filiera di mais italiano, per i prodotti DOP e IGP”, fra pochi giorni trasmesso su piattaforma Sky. Uno show particolare diretto da Sauro Angelini tra riflessioni per far cresce la filiera del granoturco, torta fritta (o gnocco fritto), affettati locali, formaggio tipico lodigiano, polenta, risotto, polletto e pan de mej per dessert.

La serata, sponsorizzata da AGCO – Fend e realizzata in collaborazione con UNCAI, ha visto intervenire numerosi esperti, molti di quali hanno fatto parte del tavolo tecnico sul mais voluto dall’ex ministro Centinaio. Tra gli altri, c’era il presidente di Uncai Aproniano Tassinari, c’era il presidente di Apima Milano, Lodi Giuliano Oldani. C’erano i vertici locali di Coldiretti (Alessandro Rota) e Confagricoltura (Antonio Boselli), Marco Mazzaferri di AGCO Italia, il presidente dell’Associazione Maiscoltori Italiani Cesare Soldi, il presidente di Assalzoo Marcello Veronesi, i giornalisti (e moto di più) Ivano Valmori e Francesco Zerbinati, Augusto Verlicchi di Terremerse. Dal mondo universitario e della ricerca sono intervenuti Gabriele Canali (Università Cattolica di Piacenza), Damiano Frosi (Politecnico di Milano), Carlotta Balconi (Crea-Mac) e Nicola Pecchioni (Crea-Cer).

Da tutti è arrivata una richiesta chiara al nuovo governo e al ministro dell’agricoltura Teresa Bellanova: non toccare il piano maidicolo nazionale abbozzato lo scorso giugno, anzi renderlo pienamente operativo.

Non è possibile che mentre nel resto del mondo aumentano gli ettari investiti a mais, in Italia le superfici si siano ridotte del 40% negli ultimi 10 anni: nel nostro paese ci sono 100.000 aziende maidicole per 600.000 ettari di mais.

Occorre rilanciare il piano maidicolo nazionale, si diceva, valorizzando il mais italiano (passare da prodotto indistinto “commodity” a prodotto mirato alle esigenze di impiego “speciality”. Occorre promuovere i contratti di filiera facendo massa critica tra aziende sementiere, produttori, terzisti, essiccatori e mangimisti (“senza massa critica il mercato è lasciato ad altri soggetti”). Occorre migliorare l’immagine del mais tra i consumatori che forse lo associano solo alla polenta e ai corn flakes e non all’alimentazione zootecnica di qualità, necessaria per avere salumi, latte e formaggi che accontentino i palati esigenti.

Per aumentare la competitività del settore e ridurre i rischi ai quali si espone una azienda maidicola è necessario individuare ambiti di recupero dell’efficienza aziendale attraverso una riduzione dei costi e un approccio agronomico più attento alle precessioni colturali, ai tipi di lavorazione, alla specificità degli ibridi e agli stress ai quali è soggetto il cereale. E qui entrano in gioco i contoterzisti abituati a spingere su innovazione e tecnologia quando gli altri, visti i tempi grami, arretrano.

Soprattutto occorre incrementare le rese, ferme ormai dal 1996, mentre aumentano nel resto del mondo grazie al ricorso a varietà ogm, che non hanno mai fatto male a nessuno (solo alla piralide che ne sta alla larga). Bisogna finanziare la ricerca nel settore dell’editing genetico (che però, diversamente dagli ogm, non risolve il problema della piralide del mais).

Una serata che si è rivelata subito un vivace brain storming, un incontro di idee sul mais e un arricchimento reciproco che deve portare a un unico risultato: non far cadere nel dimenticatoio il piano maidicolo nazionale e fissare come obiettivo minimo il prezzo di 200 euro alla tonnellata.