OPEN INNOVATION IN AGRICOLTURA

Di   24 Novembre 2021

Non bastava l’appello all’innovazione in agricoltura, occorre aggiungere la parola open, ossia aperta. Ma cosa distingue un’innovazione aperta da una che, evidentemente, non lo è?

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L’Osservatorio Smart AgriFood ci viene incontro. L’open innovation è una scelta strategica soprattutto delle grandi aziende (ma dalle grandi possono imparare anche le piccole). Nella seconda parte del seminario dell’Osservatorio la co-direttrice Chiara Corbo ha spiegato che dietro al concetto di una innovazione aperta c’è un intelligenza disposta a sondare più strade, più strategie (start up intelligence). In che modo?

Citiamo l’Osservatorio: “l’Open Innovation è un paradigma (cioè un modo di pensare) che afferma che le imprese possono e debbono fare ricorso a idee esterne, così come a quelle interne, e accedere con percorsi interni ed esterni ai mercati se vogliono progredire nelle loro competenze tecnologiche”.

In altre parole, oggi le imprese devono affidarsi ad un modello di innovazione che non tenga conto solo delle idee e delle risorse interne, ma anche di strumenti e competenze provenienti dall’esterno, in particolare da startup, università, istituti di ricerca, consulenti e aziende non concorrenti. Allo stesso modo le imprese non devono più solo ragionare in termine di sfruttamento interno delle idee, ma devono tenere in considerazione anche percorsi verso il mercato esterni ai propri confini o alternativi al proprio modello di business.

In pratica significa dedicare del tempo per esplorare i trend tecnologici. Da questa esplorazione nascono idee per nuove opportunità di business e, senza rendersene conto, si colloca la propra azienda (grande o piccola che sia) sul binario giusto, quello che fa accelerare i tempi di sviluppo e di crescita dell’impresa.

Diventa però essenziale, in questo scandagliare le tecnologie emergenti, stringere nuove partnership con attori esterni (di solito start up, ma anche gente che ne capisca e sabbia separare l’erba buona dalla gramigna). C’è, infatti, il rischio di avviare collaborazioni che non porteranno da nessuna parte. Per questo che le aziende grandi sono più disponibili ad abbracciare il paradigma dell’Open Innovation (lo scouting, cioè la ricerca di soluzioni tecnologiche innovative veramente promettenti costa tempo e denaro).

Tuttavia il percorso, anche se si rivela senza sbocchi, porta dentro l’azienda conoscenze e competenze nuove che torneranno sicuramente utili in un’altra occasione. Ormai ci sono e l’azienda è cambiata, è pronta ai cambiamenti.

Nel settore agromeccanico hanno, per esempio, sposato l’Open Innovation:

  • CNH con la strat up greca Augmenta
  • SDF con Xfarm (che ha prodotto il sistema Sdf Farm management)

La lista dei benefici dell’Open Innovation è più che lunga. Questi i principali:

  • riduzione dei rischi nei progetti di innovazione per l’adozione di soluzioni già avanzate;
  • riduzione dei costi di Ricerca & Sviluppo per il ricorso a soluzioni già sviluppate;
  • adozione di nuovi trend tecnologici per una migliore interazione con l’ecosistema degli innovatori;
  • identificazione di nuove opportunità di business per una più aperta visione.

C’è però una Open Innovation che porta in azienda le innovazioni (inbound) e una che porta le proprie competenze interne all’esterno dell’azienda (outbound).

INBOUND OPEN INNOVATION
Questo approccio si basa sull’adozione di stimoli esterni per fare innovazione all’interno dell’impresa. Le azioni più comuni sono le collaborazione con università e partner consolidati, esse comportano minori investimenti e rischi ma anche risultati più modesti, mentre altre azioni meno diffuse, come gli incubatori e acceleratori interni o la creazione di Corporate Venture Capital, hanno un maggior impatto non solo in termini di sforzo ma anche di risultati.

  • COLLABORAZIONI CON UNIVERSITÀ E CENTRI DI RICERCA – Accesso a invenzioni e brevetti, sperimentazione di nuove tecnologie e metodologie.
  • CALL4IDEAS, CALL4STARTUP, CONTEST – Iniziative volte a raccogliere, attraverso un concorso, idee innovative su un determinato tema che l’azienda può decidere di implementare o supportare nel loro sviluppo.
  • HACKATHON, DATATHON, APPATHON – Competizioni che coinvolgono sviluppatori esterni all’azienda, durante le quali vengono realizzate concretamente, attraverso una competizione svolta nell’arco di poche ore, idee innovative utili al business aziendale

OUTBOUND OPEN INNOVATION
In questo caso si esternalizzano stimoli interni per intraprendere azioni di innovazione all’esterno dell’impresa. Questo approccio è decisamente meno diffuso rispetto al primo, il quale è considerato meno rischioso. Inoltre, le soluzioni di Outbound più utilizzate (Joint Venture e Platform Business Model) sono anche le più sicure nella loro categoria, perché consentono una maggiore protezione della proprietà intellettuale.

  • JOINT VENTURE – Accordo in base al quale due o più imprese si impegnano a collaborare per un progetto comune (sia esso di natura industriale o commerciale) o decidono di sfruttare congiuntamente le loro sinergie, il loro know-how o il loro capitale
  • LICENSING DEI PROPRI PRODOTTI – Cessione ad altro soggetto, da parte dell’autore o del detentore di un diritto, perché possa utilizzare il prodotto o la tecnologia, traendone dei benefici economici, come ad esempio la produzione su licenza
  • PLATFORM BUSINESS MODEL – Business model che crea valore facilitando lo scambio tra due o più gruppi interdipendenti, solitamente consumatori e produttori, tramite l’utilizzo di determinate piattaforme che facilitino l’interazione

Michele Carretta di Parmalat e Eda Fetahu di Amadori hanno quindi raccontato cosa significa essere esperti in Open Innovation nelle rispettive aziende. In sostanza la funzione innovazione viene centralizzata in azienda, che deve raccogliere gli input innovativi che arrivano dalle diverse divisioni aziendali. Ma le innovazioni devono arrivare da menti affini. Da qui la necessità di proporre in azienda corsi ad hoc (es. di design thinking) a chi avrà poi il compito di cercare (scouting) e selezionare le innovazioni più promettenti nella propria area di competenza (e non prodotti vetrina, ce ne sono veramente tanti nell’agricoltura 4.0 e l’ultima Eima ha permesso di smascherarne alcuni). Pensando allo stesso modo, sarà poi più facile fare sistema, scambiarsi idee ed esperienze e capirsi.

L’importante è, quindi, intercettare le innovazioni che funzioneranno da acceleratore per non svegliarsi una mattina e accorgersi che la propria azienda è superata.

Ma per le aziende agricole e agromeccaniche cos’è l’Open Innovation vista la loro dimensione non paragonabile ?

È intervenuto Michele Distefano di Enapra/Confagricoltura: “Noi siamo partiti da tantissima formazione per far comprendere l’importanza di condividere informazioni e conoscenze prima di tutto ai responsabili territoriali di Confagricoltura, per poi fare arrivare questi stessi stimoli alle aziende agricole e aiutarle a competere. Per la sostenibilità che l’Europa ci chiede noi abbiamo veramente bisogno di tutto”.