Raccoglitori di dati conto terzi?

Di   27 Gennaio 2021

L’impiego di macchine sempre più autonome, interconnesse tra loro e in grado di operare in cloud spinge i produttori a investire sempre più nella digitalizzazione e, di conseguenza, in una raccolta sempre più spinta di dati. Ma oltre alle rose (che prima o poi fioriranno), spuntano incertezze sulle possibilità di utilizzo e diffusione dei dati su suolo, prodotti, input e macchine

Le prime mietitrici meccaniche McCormick e la Hussey & Co eseguivano il taglio dei fusti del grano, disponendoli a terra a fianco della barra falciante a formare un’andana continua. Erano a trazione animale prima e a trazione meccanica poi. Poi iniziarono a legare il covone, quindi comparvero il battitore e il controbattitore per separare il seme dalla paglia e dalla pula. Siamo nel 1800. Da allora questi giganti delle campagne si sono evoluti, mai estinti. Continuano ad aspiravano mais, soia e altri cereali, ma allo stesso tempo raccolgono e trasmettono risme di dati agli operatori, ai cloud server e ai loro costruttori. Il GPS registra il percorso esatto della mietitrebbia nel campo. I sensori analizzano i raccolti raccolti “geolocalizzandoli” con estrema precisione, svelando la produttività dei terreni palmo a palmo.

Se la mietitrebbia rappresenta la summa delle tecnologie 4.0 oggi disponibili, guai sottovalutare gli altri attrezzi. Nelle seminatrici degli algoritmi regolano la distribuzione dei semi in base alle parti del suolo che negli anni passati hanno dato i risultati migliori. Sempre degli algoritmi aprono o chiudono gli ugelli delle irroratrici, in base alle erbacce scansionate sul terreno. Nel frattempo i sensori registrano l’usura delle macchine, così, quando l’agromeccanico o l’agricoltore si reca nell’officina ricambi di fiducia constata che il pezzo che gli serve è già arrivato.

Gli agricoltori hanno così la possibilità di risparmiare sugli input di lavorazione (acqua, semi, pesticidi e concimi in dosi diverse e solo dove più serve, meno consumo di carburante, incremento delle produzioni) e di aumentare il loro reddito netto agricolo del 20% (è la promessa dei costruttori di macchine intelligenti).

Oggi, attraverso internet i principali produttori di macchine agricole raccolgono dati da tutto il mondo attraverso i sensori installati sulle loro macchine. Tutto, dati sui terreni, sulle produzioni, sulle macchine è già archiviato da qualche parte in un server remoto. Un pensiero che può preoccupare, ma è la condizione necessaria (almeno adesso) affinché gli operatori che siedono al posto di guida di queste macchine abbiano accesso ai dati che essi stessi accumulano, per usarli al meglio, incrociandoli tra loro.

Resta sullo sfondo, tuttavia, un problema legale: solo il produttore della macchina può vedere tutti i dati provenienti da tutte le macchine noleggiate o vendute. Poche grandi aziende che vendono attrezzature agricole in tutto il mondo stanno accumulando dati su dati. Sono loro l’intellighenzia dell’agricoltura. Non sorprende che vi siano agricoltori, terzisti e sindacati che suggeriscono di spegnere qualche sensore.

Grazie a velocità di calcolo solo pochi anni fa impensabili, oggi i dati raccolti in campo sono elaborati quasi in tempo reale. Per raggiungere questo risultato i costruttori di mezzi agricoli ormai da qualche anno assumono ingegneri informatici e programmatori.

Una fragile riservatezza

La preoccupazione degli agricoltori sono le ripercussioni sul mercato fondiario una volta che dati tanto sensibili dovessero scappare fuori dai recinti dei server. Non solo, le informazioni sui pesticidi, concimi o sementi usati da ciascuna azienda potrebbe far lievitare il loro prezzo. La riservatezza guida così le strategie di mercato dei maggiori produttori di attrezzature, garantendo di non condividere i dati degli agricoltori con terze parti a meno che gli agricoltori non diano il permesso.

Le preoccupazioni non sono però del tutto ingiustificate. Almeno in parte il risultato della mancanza di standard legali e normativi sulla raccolta di dati dalle tecnologie di agricoltura intelligente. I contratti per l’acquisto o il noleggio dei mezzi agricoli sono complessi e il linguaggio non è chiaro, soprattutto perché alcuni dei concetti giuridici alla base della condivisione e della raccolta dei dati agricoli sono ancora in evoluzione.

Succede così che la mancanza di trasparenza e chiarezza su questioni quali proprietà dei dati, portabilità, privacy, fiducia e responsabilità nelle relazioni commerciali che disciplinano l’agricoltura intelligente stanno contribuendo alla riluttanza degli agricoltori a impegnarsi nella condivisione diffusa della loro azienda agricola dati che l’agricoltura intelligente facilita. Al centro delle preoccupazioni c’è la mancanza di fiducia tra gli agricoltori come produttori di dati e quelle terze parti che raccolgono, aggregano e condividono i loro dati.

D’altra parte, il nodo della questione in ogni accordo di trasparenza nella raccolta e uso dei dati è la proprietà degli stessi. Alcuni costruttori non mollano e riconoscono ai loro clienti di “controllare” e non di “possedere” i loro dati. Un escamotage che permette di dire ai costruttori di non vendere a nessuno dati raccolti a terzi.

Ad oggi, i contratti non escludono la potenziale vendita di dati aggregati, grezzi e anonimi a terzi, a condizione che l’agricoltore sia d’accordo. Ma la mole di dati raccolti fa paura. Agricoltori, contoterzisti e produttori di mezzi agricoli utilizzano ampiamente il valore dei dati per aumentare l’efficienza delle loro aziende.

I grandi produttori di mezzi agricoli possono però incidere indirettamente sulle borse merci delle materie prime agricole sulla base delle montagne di dati che fluiscono nei loro database, precedendo, almeno in misura piccola ma significativa, i prezzi di varie colture analizzando i dati relativi: le macchine inviano dati come la “resa” dei raccolti per ettaro, la quantità di fertilizzante utilizzata o il numero medio di sementi zona per zona, tutti fattori che aiuterebbero ad anticipare l’offerta di prodotti durante la stagione del raccolto.

Un commerciante di cereali sarebbe disposto a pagare profumatamente questi dati, permettendogli di anticipare di settimane le stime ufficiali dei raccolti. Probabilmente non lo fa nessuno, ma preoccupa che in linea teorica sia possibile.