Sempre più vertical

Di   1 Settembre 2021

Il sistema di coltivazione in ambiente interno in verticale è il futuro, ma consuma molta energia. La sfida è renderlo sostenibile ricorrendo a fonti energetiche a basso costo. Non a caso molte vertical farm sono vicino a centrali nucleari (soprattutto micro centrali nucleari che paesi come la Francia vorrebbero far rientrare nel novero dell’energia verde). L’Italia rischia quindi di essere fuori dalla partita. Tuttavia le fattorie verticali e le proposte tecnologiche si moltiplicano anche da noi, anzi alle porte di Milano c’è la più grande vertical farm d’Europa. Verrebbe da dire; “secondo la fisica il calabrone non potrebbe volare. Eppure vola”

Alle porte di Milano, a Cavenago, c’è la fattoria verticale più grande d’Europa. Produce insalate ed erbe aromatiche e si chiama “Planet Farms”. Si estende su una superficie protetta di 9.000 mq, coniuga la grande tradizione agronomica italiana con l’eccellenza della specializzazione tecnica e informatica. Ha introdotto un nuovo processo produttivo di coltivazione in celle isolate con luci a LED; microclima costante con tecnica idroponica fuori suolo, che permette di sfruttare la dimensione verticale oltre a quella orizzontale.

Le colture idroponiche – dette anche “fuori suolo” e con ridotto apporto d’acqua – crescono in ambienti simili a laboratori hi-tech, incontaminati – a cui si accede in camice e occhiali – e controllati, dove le condizioni ottimali per la crescita sono costanti, mentre tutto il processo è tracciato. Una produzione che accorcia le distanze con il tessuto urbano e vede serre verticali realizzate in ex edifici industriali e spazi architettonici dismessi.

Planet Farms è un progetto pilota per una rete di produzione da sviluppare tra Inghilterra, Svizzera e il resto d’Italia.

Negli ultimi tempi le vertical farm si stanno affermando un po’ ovunque, anche se i costi energetici sono da vero e proprio impianto industriale: si producono insalate in strutture su più livelli, dentro magazzini, container o all’interno dei supermercati. Non c’è limite alla fantasia.

C’è tanta tecnologia digitale nelle vertical farm, finalizzata proprio a ridurre al massimo i costi: automazione dei processi attraverso robot, soluzioni di water management, analisi del terreno e di altri fattori ambientali, trattamenti fitosanitari mirati, monitoraggio delle coltivazioni, sistemi di illuminazione, piattaforme software. Con un’Intelligenza artificiale che come un direttore d’orchestra vigila affinché le diverse componenti tecnologiche vadano a tempo e non stonino.

COME ABBATTERE I COSTI – Zero Farm

Zero Farms è un progetto nato a pochi chilometri da Pordenone, in Friuli nel 2018 (ma con fondi di un socio russo). Per abbattere tutti i costi che segnano la differenza tra l’agricoltura in serra tradizionale ed il vertical farming, Zero Farms ha sviluppato nei propri laboratori, ogni singolo componente della serra. Dai pannelli alle lampade LED, di modo da ottimizzare i costi di investimento iniziale e, grazie ad un mix brevettato di intelligenza artificiale ed uso intelligente dei LED, oggi riesce a sviluppare serre verticali in grado di produrre il 400% in più di baby leaf, microgreen e ortaggi a foglia rispetto alle tradizionali serre. Sta inoltre testando la coltivazione di berries e pomodoro. A questo si aggiunga l’abbattimento del 75% della manodopera con l’introduzione dell’intelligenza artificiale sia per operazioni più semplici come la movimentazione del prodotto, che quelle più complicate come il controllo delle ricettazioni. Il risparmio dell’acqua è abbattuto del 95% e grazie al sistema di coltivazione in aerofloating, si abbatte anche il consumo di fitofarmaci e si riduce del 50% l’uso dell’energia rispetto alle altre serre verticali.

L’obiettivo è far costare l’investimento, raggiunto un certo livello di sviluppo delle economie di scala, quanto l’installazione delle serre tradizionali più costose che viaggiano sui 500 euro per mq. Una sfida importante se si pensa che, attualmente, il costo medio delle serre di vertical farming si aggira intorno ai duemila euro/mq.

Oltre all’hub produttivo di Pordenone, Zero farms ha in programma di costruirne altri due utilizzando edifici industriali dismessi, capannoni dismessi, uno nel Nord Ovest e uno nell’Italia centrale per arrivare ad una produzione di tremila tonnellate l’anno (oggi sono 30 tonnellate di insalate ed erbe aromatiche distribuite a marchio Zero Farms nei supermercati Eurospesa del Gruppo Dado SpA in Veneto e Friuli Venezia Giulia) a un prezzo pari ai prodotti bio, dal momento che la tecnologia di coltivazione consente di evitare completamente il ricorso ai pesticidi.

Con Vertical Farming Radix serve un investimento iniziale di 40 milioni di euro  per ettaro

Restiamo in Italia, spostiamoci però a Borgo San Dalmazzo in provincia di Cuneo. Qui Ageon Srl distribuisce in esclusiva per l’Italia il brevetto della multinazionale statunitense SananBio “Vertical Farming Radix”.
Si tratta di un sistema modulare espandibile sia in altezza che in orizzontale. Si parte da un singolo modulo di cinque piani per sei mq di base e si può arrivare, in altezza, fino a 20 piani senza limiti per la superficie. Le soluzioni, inoltre, possono variare da un livello di automazione minimo fino a comprendere anche la fase di impacchettamento del prodotto e robot che operano in autonomia nella serra.

Ogni modulo ha un prezzo che parte dai 3.500 euro ma i prezzi vengono modulati anche in base alle dimensioni della serra. In pochi mesi dall’acquisizione della licenza di commercializzazione in Italia, sono già tre le aziende italiane di IV Gamma che hanno iniziato i test, rispettivamente in Campania, Puglia e Lombardia, su prodotti come insalate e basilico.
Il sistema di vertical farming permette di produrre in 5mila mq di serra con 20 piani dalle 6 alle 8 tonnellate di insalate al giorno. Ma serve un investimento iniziale importante: si parla di circa 40 milioni di euro per ettaro ma il rientro è garantito in 5-6 anni considerato che un ettaro fa circa 12 tonnellate di prodotto al giorno; che la qualità e la quantità del prodotto sono costanti nel tempo, che la qualità è di fascia premium, che il ciclo colturale è ridotto (per le insalate, ad esempio, a 35 giorni), che si consuma il 95% in meno di acqua, il 70-80% in meno di fertilizzanti. Senza considerare il minor consumo di suolo e l’eliminazione del rischio climatico per il produttore.

Aero floating. La tecnica per produrre 5 volte di più di una serra tradizionale

In appena 240 mq di serra in provincia di Pistoia si produce insalate a foglia matura e baby lead con la sola tecnica dell’aero floating (a radici sospese), ma l’impianto garantisce la raccolta di circa 500 cespi di insalata a foglia matura, ogni giorno; pari a cinque volte la produttività di un tradizionale impianto orizzontale sia in coltura protetta che in campo aperto.
L’azienda si chiama Edo Radici Felici. Ha avviato il proprio impianto dopo cinque anni di test presso i sei campi sperimentali dell’Università di Pisa dove sono state testate con  il sistema a ‘radici sospese’, sei cultivar di pomodoro, una di zafferano (con produzione 12 mesi all’anno e non solo in primavera), baby leaf e insalate a foglia matura sia verdi che rosse, rucola inclusa.

Il sistema di coltura in aero floating consiste in una linea di processo composta da tre vasche in sequenza sulle quali corrono sospinti da carrelli i cespi di lattuga con radici sospese su dieci centimetri di soluzione nutritiva. I trattamenti vengono ripetuti, di vasca in vasca,  sull’apparato radicale dove viene nebulizzata la soluzione nutritiva, di modo che la pianta assorba in maniera uniforme tutti gli elementi di cui ha bisogno attraverso il sistema linfatico che parte proprio dalle radici.
Questo metodo è diverso dall’aeroponica, e permette di usare solo 10 cm di soluzione nutritiva contro i 30-40 usati nella tecnica aeroponica. C’è un generale risparmio degli input a fronte di una quintuplicazione della resa su un solo strato di coltivazione perché la start up ha deciso di lavorare in orizzontale e non in vertical farming.