UNCAI guarda al bosco

Di   6 Febbraio 2020

La funzione ambientale del bosco è garantita solo da un sistema e da una filiera unita che si sostenga economicamente. Il resoconto del dibattito “Fuori crinale – Dal bosco salvaguardare la stabilità dei versanti” organizzato da Agri Linea Tv nello stand UNCAI nel corso di Fieragricola Verona

Programmazione televisiva Agrilinea del talk show dedicato al bosco. Diffusione Emilia Romagna

  • CANALE 86 – Venerdì 7 febbraio alle ore 21.00
  • CANALE 74 – Sabato 8 febbraio alle ore 18.00
  • CANALE 14 – Domenica 9 febbraio alle ore 21.00

VERONA – Parliamo del bosco. La scorsa settimana a Fieragricola Verona l’appuntamento organizzato da Agrilinea Tv nello stand UNCAI sul tema “Fuori crinale. Dal bosco salvaguardare la stabilità dei versanti” è stato un momento ricco di contenuti e spunti. Vale quindi la pena riprenderne almeno le conclusioni e rapidamente farne un resoconto.

Subito le conclusioni del presidente UNCAI Aproniano Tassinari: “La parola ‘contoterzista’ abbraccia numerose attività. Prima di tutto quelle agromeccaniche, ma ci sono anche le attività industriali, la prima trasformazione dei prodotti agricoli e le operazioni forestali. UNCAI si impegna a creare un collegamento anche con le imprese boschive e forestali, intercettando le loro necessità di servizi e assistenza adeguati”.

Durante l’incontro (è possibile rivedere il talk show sul sito www.agrilinea.tv) è infatti emerso con chiarezza come in il Italia il bosco sia una risorsa economica e ambientale con una filiera debole che lo sostenga. E se capita che il bosco “vada giù” insieme a un pezzo di montagna non è solo a causa di eventi atmosferici eccezionali. Anche la difficoltà a generare valore con le attività boschive rende fragile la stessa gestione della salute di un bosco.

Il dibattito, condotto da Sauro Angelini, è stato animato da un parterre importante. Oltre al presidente di UNCAI Aproniano Tassinari, erano presenti Attilio Tonolo (Ministero delle politiche agricole), Sanzio Baldini (Unione nazionale per l’innovazione scientifica forestale), Giuseppe Toscano (Università Politecnica delle Marche), Piermaria Corona (Crea), Andrea Guerrini (Enerlegno), Raffaele Spinelli (Cnr), Alberto Belosi (consulente Enerlegno) e Francesco Mazzocchi (dottore forestale esperto in approvvigionamento biomasse).

Quanto bosco in Italia

Il patrimonio forestale nazionale è di 11,7 milioni di ettari (il 39% della superficie totale dell’Italia), con un incremento di oltre 3 milioni negli ultimi 30 anni. Ma come sfruttarne le potenzialità economiche e ambientali?

Produrre energia

“Il bosco produce legna, un combustibile, per scaldare e fare energia. Agroenergia”, ha detto Attilio Tonolo sottolineando l’importanza del legno e delle biomasse per la riduzione delle emissioni clima-alteranti. Quindi per prima cosa produrre energia dal legno attraverso impianti da 10/20 Mw e sfruttando gli incentivi per le biomasse tracciabili. “È nata una professionalità con numerose imprese boschive di piccole e medie dimensioni che agiscono sui monti e alimentano il bosco”.

Ma la strada è in salita

“Muoversi tra i boschi non è agevole e la logistica risulta difficoltosa. Il ministero deve poi garantire la tracciabilità delle biomasse, visto che ai consumatori viene addebitata una parte di tariffa per le rinnovabili”, ha detto ancora Tonolo.

Il sistema bosco è fermo da 50 anni

Il Prof. Sanzio Baldini reputa un brutto segnale la crescita costante dei boschi (e soprattutto degli arbusti): “Significa che l’agricoltura in montagna non c’è più. I pascoli vengono abbandonati e al posto del prato si insediano gli arbusti”. E gli arbusti sono spesso la causa di incendi. “Oggi i boschi si tagliano a spot, con imprese non formate al taglio e macchine non idonee. Mancano le infrastrutture, le piste forestali per entrare nei boschi e portare via la legna in modo razionale ed economico. Siamo fermi alla seconda metà del secolo scorso. La quantità di massa legnosa è di circa 2, 4 metri cubi d accrescimento all’anno. La massa che resta nel bosco diventa necro-massa. Occorrono segherie, per l’ industria di seconda trasformazione…”.

A parole il bosco è un presidio per il territorio. La verità è che viene progressivamente abbandonato a se stesso. Se ne va la parte agricola, se ne vanno gli abitanti dei territori montani, e tutto questo si ripercuote sulla gestione del territorio e del bosco.

Ma esiste una filiera del bosco?

Una filiera presuppone una catena che dal bosco arriva alla produzione di manufatti, mobili, ecc. Purtroppo nel caso del legno tutto questo manca. Ci sono soluzioni a spot e manca un mercato. E l’80% del materiale legnoso viene importato, soprattutto dalla Francia e dai paesi dell’Europa dell’est. Compreso il pellet.

Selvicoltura di precisione e burocrazia

Piermaria Corona,direttore del Centro di ricerca foreste e legno del Crea, ha parlato della multifunzionalità del bosco. “Quasi il 40% del territorio nazionale è verde. La più grande infrastruttura italiana sni i nostri boschi che nel 2020 supereranno la superficie agricola. In Italia il bosco è un bene di interesse pubblico anche quando è privato e solo il fatto di assorbire CO2 produce un valore di circa 500 milioni di euro all’anno”. Quindi ha illustrato il progetto di precision forestry, ovvero silvicoltura di precisione, del Crea sottolineando come “occorra una gestione consapevole”.

Spesso l’ostacolo maggiore quando si decide di lavorare con il bosco è la burocrazia, ha evidenziato Andrea Guerrini di Enerlegno: “La difficoltà di una azienda privata è riuscire a entrare nel sistema bosco. Possiamo fare dei piani di taglio e di gestione razionale, ma l’approccio con l’ente pubblico frena ogni piano di intervento”.

Le autorizzazioni boschive sono il collo di bottiglia che frena lo sviluppo della filiera. Soprattutto quando i tagli sono finalizzati alla produzione di pellet, accusato di essere una componente importante delle polveri sottili. Una accusa che il ministero con il Crea stanno cercando di smontare. “Il calcolo della percentuale di zuccheri permetterà di capire quante polveri sottili provengono da biomassa e quante da altre fonti di inquinamento”, ha detto il rappresentnte del ministero Attilio Tonolo.

Bosco e meccanizzazione

Raffaele Spinelli del Cnr ha affrontato il tema della valorizzazione del legno e delle specie arboree: “Se è vero che ci sono molti boschi in condizioni disgraziate, l’espansione recente è su ex pascoli e questi sono sfruttabili. I problemi sono le infrastrutture carenti e le macchine spesso troppo larghe. La meccanizzazione si sta tuttavia sempre più affermando per aspetti economici, ambientali, occupazionali e per ragioni di sicurezza”. La competitività passa dunque attraverso una adeguata meccanizzazione e formazione degli operatori forestali, “spesso però vengono adattate al bosco delle macchine nate per svolgere altri tipi di lavoro”.

Ma il grande problema è il mercato

Crea e Cnr hanno censito solo nell’arco alpino 1204 imprese boschive per 3400 addetti (12% stranieri) e 2000 veicoli. Senza contare, quindi, gli Appennini. Le imprese interessate sono migliaia. Per svolgere al meglio la loro attività devono superare diversi ostacoli. C’è la carenza di manodopera formata, la scarsa accessibilità al bosco, ci sono gli ostacoli burocratici. Tutto superabile dall’azienda. Il problema più serio e difficile da superare è il mercato. Come e a chi vendere il prodotto legnoso?

La provenienza certificata del prodotto legnoso può essere un modo per valorizzare economicamente la filiera, ha sostenuto Francesco Mazzocchi. “Darebbe valore economico, legale e sociale al territorio, evitando che prodotto on arrivi da mercati poco chiari”. Le imprese boschive, tuttavia, preferiscono trattare legna da ardere o cippato piuttosto che essenze di qualità perché costa meno e una centrale a biomassa è un cliente certo anche se ritira il prodotto a prezzi bassi. Al contrario l’industria del mobile e la bioedilizia offrono meno garanzie di pagamento. Così il 70% del materiale legnoso va in biomassa, anche se si tratta di legno di valore. Un’opportunità economica che potrebbe essere lasciata integra per il futuro, ma il valore del mercato (il prezzo del legno è fermo da 20 anni) non permette di aspettare e avere una strategia di lunghissimo periodo.

Alle imprese boschive, in fondo, va bene così perché a fine anno con il cippato riescono a produrre molto di più e a guadagnare di più rispetto alla legna per mobili. Il settore deve fare i conti prima di tutto con dei margini irrisori e con una politica che non incentiva abbastanza la filiera bosco neppure quella più promettente a fini energetici. Così facendo, però si limita fortemente la possibilità di programmare i tagli e di mettere in sicurezza gli stessi boschi che “anno dopo anno cresceranno di peso finché scivoleranno giù”, ha concluso con saggezza Sanzio Baldini.