Vertical farm, ma quanto mi costi?

Di   28 Gennaio 2020

Centri di ricerca e università sono al lavoro per ridurre i costi delle coltivazioni idroponiche. Occorrono almeno cinque anni di studi per capire se è percorribile l’idea di coltivare gli ortaggi in edifici dismessi

Agricoltura tecnologica e sostenibilità, le vertical farm idroponiche mirano proprio a questo: pochi pesticidi (qualcuno dice nessuno), poca acqua (riciclata), nessun consumo di suolo, ortaggi tutto l’anno. Il problema da risolvere è l’eccessivo consumo energetico delle coltivazioni idroponiche in ambiente “indoor”. Perché costa replicare la luce del sole. Per non parlare dell’energia assorbita dall’altissimo livello di automazione dei processi agricoli indoor. E un impianto a LED oggi costa 100 euro al metro quadro.

C’è però chi ci crede e si è posto l’obiettivo di far diventare i vecchi capannoni gli orti e i giardini del futuro, ideali per una produzione agricola all’insegna del risparmio energetico e dell’attenzione all’ambiente. Alcuni esempi:

  • BoxXland: realizzato da Enea ha realizzato in collaborazione con la Idromeccanina Lucchini è un modello di vertical farm mobile consistente in un impianto modulare high tech per la coltivazione in container di prodotti orticoli in verticale e fuori suolo a ciclo chiuso, senza l’uso di insetticidi, in ambienti illuminati con luce a led e con un software che ne gestisce irrigazione e condizionamento dell’aria. Il primo prototipo di vertical farm realizzato per Expo 2015 è commercializzato in Italia e all’estero.
  • Vertical Farm 4.0: progetto sempre Enea, in collaborazione con Gentilinidue e con i Dipartimenti di Agronomia, Animali, Alimenti, Risorse naturali e Ambiente (DAFNAE) e Ingegneria dell’Informazione (DEI) dell’Università degli Studi di Padova. Presentato nel 2016, punta al recupero di edifici industriali dismessi mediante la creazione di vertical farm.
  • Arkeofarm: porta la firma di ENEA e Lucchini e consiste in un impianto per coltivazioni orticole intensive con sviluppo multipiano verticale, che impiega tecniche idroponiche avanzate in un ambiente chiuso e climatizzato, con illuminazione artificiale integrale a led, e che, in funzione della superficie coltivata, può essere ad alta o altissima automazione con sistemi automatici o robotizzati per tutte le operazioni, dalla semina, alla raccolta, al confezionamento.

Gli ostacoli economici

Come si diceva, i costi di investimento e di gestione (soprattutto energetica) sono oggi insostenibili. Inoltre le vertical farm richiedono un elevato grado di automazione delle linee produttive: un altro costo.

A conti fatti le serre verticali costano ancora fino a tre volte in più rispetto alle coltivazioni tradizionali e, al momento non si riesce a compensarli con i vantaggi ottenuti da questo tipo di colture che possono sintetizzarsi in un maggiore valore aggiunto dei prodotti dato dalla garanzia di qualità e quantità, da maggiore controllo dei valori nutrizionali del prodotto finale, dal controllo totale del processo produttivo, dall’abbattimento dell’input acqua dai 60 litri per chilo tradizionali fino a pochi litri, dalla maggiore sicurezza alimentare e dalla salubrità e sostenibilità del prodotto.

Dunque l’obiettivo è consumare, nella serra verticale, lo stesso quantitativo di energia utilizzato in una coltivazione a campo aperto. A detta di chi ci sta lavorando solo per capire la fattibilità del progetto sono necessari almeno CINQUE ANNI.

Per cercare di ridurre tali costi sono al lavoro due eccellenze universitarie.

L’Università di Padova con lo spin-off Advance intende ottimizzare i processi produttivi al fine di aumentarne la sostenibilità economica e ambientale, analizzare le caratteristiche e le dinamiche dei settori di riferimento, individuare le filiere e le coltivazioni con il più alto grado di stabilità e di redditività e mettere a punto le strategie di marketing e comunicazione più adatte per rafforzare la competitività delle vertical farm e la loro capacità di penetrazione dei mercati.

L’Università di Vageningen in Olanda studia il modo di ottimizzare l’uso della luce LED e i vantaggi delle colture verticali per avere un bilancio complessivo dei costi più sostenibile. Per esempio, sta provando a controllare lo spettro luminoso, perché, in precisi momenti della giornata, alcuni colori, come il blu, incidono sulla fotosintesi vegetale più di altri; inoltre in Olanda si cerca di raccogliere i dati relativi al fabbisogno di luce della pianta ed ottimizzarli attraverso un algoritmo per ridurre fino al 50% il consumo di elettricità delle serre verticali.