A Fieragricola Verona c’è anche la stalla del futuro

Di   3 Gennaio 2024

Maggiore produzione, minore impatto ambientale. Ma attenzione agli investimenti: verso la 116ª edizione della rassegna internazionale (31 gennaio-3 febbraio 2024)

La sostenibilità in stalla? Richiede investimenti. È quindi strettamente connessa all’aumento del livello produttivo, alla genetica e alla genomica, alla longevità degli animali, all’alimentazione delle bovine e
all’organizzazione aziendale. Ecco così che alla 116ª edizione di Fieragricola, rassegna internazionale dedicata all’agricoltura, in programma a Veronafiere dal 31 gennaio al 3 febbraio, oltre a focus altamente specializzati su meccanizzazione, energie rinnovabili, vigneto e frutteto, chimica verde e servizi per l’agricoltura, proporrà ai visitatori la zootecnia del futuro. Un futuro molto prossimo, basti pensare come in pochi mesi l’intelligenza artificiale sia passata dai discorsi accademici alle nostre tasche, istallata sui nostri smartphone per sostituirli definitivamente nel giro di un’altra manciata di mesi.

Ma torniamo alla stalla del futuro. La sfida ambientale oggi è strettamente connessa a due elementi: l’innovazione e la formazione. E’ in questo senso che il professor Giuseppe Pulina, ordinario di Etica e Sostenibilità degli allevamenti all’Università di Sassari e presidente dell’associazione Carni Sostenibili, utilizza il termine “smart intensivization”, espressione che si traduce con la locuzione “allevamenti intensivi per la conoscenza”.

Il concetto è pienamente condiviso anche dall’agronomo Michele Campiotti, esperto di analisi e gestione delle stalle da latte, molto ascoltato dai contoterzisti che fanno trinciato per clienti allevatori. «Oggi siamo all’inizio dell’era tecnologica nelle stalle da latte e in futuro – ha detto Campiotti nel corso di un seminario organizzato in vista di Fieragricola – l’offerta di tecnologia sarà sempre più aperta e sempre più in grado di garantire redditività, competitività, qualità e sicurezza delle produzioni».

L’importante, per ciascun allevatore, è «riuscire ad analizzare lo stato dell’arte della propria stalla e individuare gli investimenti più utili per migliorare i parametri medi aziendali, nella consapevolezza che investire in tecnologia non significa automaticamente ottenere redditività». Quello che è certo è che il binomio tecnologia ed efficienza rappresenta un enorme vantaggio competitivo ed è uno degli elementi chiave per migliorare la redditività delle stalle da latte, unitamente ad altri fattori come i costi di produzione legati agli input, all’energia, alla manodopera.

«Più una stalla produce e incrementa la propria efficienza – spiega il professor Pulina – minore è la carbon footprint per litro di latte prodotto».

Ma come ridurre l’impronta carbonica? Genetica e genomica possono contribuire a ridurre le emissioni, incrementando i volumi di latte. Anche l’efficienza alimentare, attraverso un’alimentazione specifica può migliorare i livelli di emissione fino a un massimo del 10%, livelli che potrebbero crescere utilizzando specifici additivi, oggi oggetto di sperimentazione. Inoltre, è possibile ridurre le emissioni in campo e in stalla aumentando la longevità, diminuendo la rimonta e la riforma involontaria e incrementando la fertilità degli animali.

Come accennato all’inizio, con il riferimento all’intelligenza artificiale, anche la transizione digitale può favorire la contrazione delle emissioni in campo e in stalla, portando a un minore consumo di carburante, alla riduzione dell’uso dei fertilizzanti e delle emissioni di N2O (ossido di diazoto), alla diminuzione delle emissioni di metano dei reflui e alla riduzione delle importazioni di energia. Buone pratiche, come la gestione corretta della lettiera in stalla, la copertura e lo stoccaggio dei reflui, l’interramento dei reflui o del digestato (purché verificabile, perché certe cose non devono finire sotto terra) possono contribuire a contenere le emissioni di ammoniaca e, conseguentemente, di N2O.

La nuova frontiera della mitigazione climatica fa riferimento, inoltre, al sequestro e stoccaggio del carbonio nel suolo, nella vegetazione e nelle colture, con la capacità del suolo di catturare l’anidride carbonica che può rappresentare il 25% di una strategia di mitigazione naturale, secondo quanto afferma il professor Pulina. I sequestri di carbonio tramite l’agricoltura conservativa e rigenerativa, poi, possono anche raggiungere il 50% delle emissioni lorde dell’allevamento. «Aumentare i sequestri di carbonio – aggiunge il professor Pulina – non solo riduce gli impatti netti, ma può rappresentare una risorsa economica per l’azienda multifunzionale».

La zootecnia, da sempre uno dei pilastri di Fieragricola, guarda al futuro e scommette su alcune leve per incrementare la sostenibilità, attraverso l’economia circolare, la multifunzione, la valorizzazione dei reflui (anche in chiave di energie rinnovabili come biogas e biometano), così da rendere gli allevamenti sempre più produttivi, sostenibili e green, in linea con quanto previsto dagli orientamenti europei in tema di Green Deal.