IL GRANO DURO TRA LE SPINE DEL MAR NERO

Di   18 Luglio 2023

Il grano duro è il pane quotidiano degli italiani, ma anche il frutto di una battaglia senza esclusione di colpi tra i grandi produttori mondiali. Una battaglia che si gioca sulle borse merci, sui campi e sui mari, dove le navi cariche di chicchi dorati sono le pedine di una scacchiera geopolitica.

spiga di grano

L’ultimo episodio di questa guerra silenziosa è la mancata proroga dell’accordo sul grano del Mar Nero, che scade il 17 luglio e che coinvolge direttamente l’Italia, dove le importazioni di grano proveniente dall’Ucraina sono aumentate del 326% nel primo trimestre 2023.

Un accordo che garantiva la fornitura di cereali ai paesi più poveri dell’Africa e dell’Asia, ma che nascondeva anche delle distorsioni commerciali provocate dall’afflusso di grano ucraino sul mercato europeo, con una pressione al ribasso sui prezzi.

La Russia, che ha minacciato di abbandonare l’accordo per le sue richieste insoddisfatte, ha dichiarato di non vedere motivi per estenderlo e di essere pronta a garantire le spedizioni del proprio grano e fertilizzanti indipendentemente da qualsiasi intesa. Il ministro degli esteri russo Sergei Lavrov ha detto di non aver sentito nuove proposte in merito e ha fatto riferimento alle statistiche che mostrano come solo il 55% dei prodotti agricoli partiti dall’Ucraina abbiano raggiunto i paesi in via di sviluppo, mentre il resto sia finito in Cina, Spagna, Turchia e Italia.

Da qui la decisione della Russia di far saltare l’accordo. Salirà l’instabilità sui mercati internazionali e la speculazione farà, come sempre in questi casi, capolino condizionando fortemente i listini. Era prevedibile che la Federazione Russa avrebbe continuato a utilizzare il cibo come un’arma e strumento di pressione per allentare le sanzioni.

Possibili conseguenze in Europa e in Italia

L’Italia, che si colloca al quarto posto tra i beneficiari dell’accordo, si trova così in una posizione delicata. Da un lato deve fare i conti con una produzione nazionale in calo, sia in quantità che in qualità, a causa delle avverse condizioni climatiche che hanno colpito il raccolto. Dall’altro deve cercare di difendere i propri interessi in un contesto internazionale sempre più competitivo e instabile.

Il mancato rinnovo dell’accordo del mar nero può così avere come conseguenza anche un aumento dei flussi di prodotti ucraini sul mercato europeo, con il risultato di innescare ulteriori pressioni al ribasso delle quotazioni.

Per effetto della sospensione dei dazi doganali decisa dalla UE lo scorso giugno, dagli ultimi dati diffusi dalla Commissione risulta che le importazioni di prodotti agroalimentari dall’Ucraina sono aumentate del 60% nei primi tre mesi di quest’anno sullo stesso periodo del 2022. Per i cereali, l’aumento è stato di circa 920 milioni di euro, seguono semi oleosi e colture proteiche con 550 milioni.

Da ricordare, poi, che, per limitare l’impatto provocato dal forte aumento degli arrivi dall’Ucraina, la UE ha deciso in via eccezionale, fino al 15 settembre, il blocco delle importazioni di grano, mais, colza e semi di girasole in cinque Stati membri (Bulgaria, Ungheria, Polonia, Romania e Slovacchia). E’ consentito solo il transito verso altre destinazioni nella Ue o fuori dall’Unione.

Intanto in Cina…

Ma la situazione è resa ancora più complessa dalla strategia cinese, che ha aumentato le proprie importazioni di grano per rafforzare la propria sicurezza alimentare e influenzare i prezzi globali. La Cina è il paese che ha beneficiato di più dell’accordo sul grano del Mar Nero, con oltre 5 milioni di tonnellate di prodotti agricoli tra grano, mais e olio di girasole.

Tutelare le produzioni tricolori

Di fronte a questo scenario, gli agricoltori italiani chiedono maggiore tutela e sostegno per il loro lavoro, che rischia di essere schiacciato dalla concorrenza sleale e dalla speculazione. Il grano duro italiano è un prodotto di qualità, apprezzato dai consumatori e dai trasformatori, ma ha bisogno di prezzi congrui che coprano i costi di produzione e garantiscano un reddito dignitoso alle imprese agricole. Per questo è necessario un maggiore coordinamento tra le istituzioni europee e nazionali, per monitorare il mercato e contrastare eventuali pratiche scorrette.
È necessario anche valorizzare la filiera italiana del grano duro, promuovendo la sua tracciabilità e la sua identità territoriale. È necessario infine investire nella ricerca e nell’innovazione, per rendere la produzione più efficiente e sostenibile. Il grano duro è una risorsa strategica per l’Italia, ma anche una sfida da affrontare con coraggio e determinazione. Il grano duro è il pallone d’oro dell’agricoltura italiana, ma anche il pallone di spine che può ferire chi lo calcia senza cura.

Grano duro e tenero: prezzi in salita, ma non per tutti

Il mercato dei cereali è così in fermento. La domanda mondiale di grano duro e tenero è in crescita, ma l’offerta nazionale è limitata dal clima sfavorevole. Il risultato è una forte tensione sui prezzi, che hanno registrato un forte aumento rispetto a quattro mesi fa.

Secondo i dati della Borsa Merci di Bologna, il 6 luglio 2023 il grano duro di produzione nazionale nord aveva un prezzo medio di 340 euro/tonnellata per il fino, con una crescita del 17% rispetto al 14 marzo 2023. Il grano tenero di produzione nazionale aveva un prezzo medio di 280 euro/tonnellata per il n° 1 – speciali di forza, con un aumento del 24% rispetto alla stessa data.

Ma non tutti i produttori possono beneficiare di questi prezzi elevati. Infatti, la qualità del grano duro e tenero varia molto a seconda delle zone di origine e delle caratteristiche tecniche richieste dai trasformatori. Questi parametri influenzano notevolmente la valutazione commerciale del grano e determinano delle differenze significative tra le varie tipologie e qualità.

In questo contesto, i produttori devono fare i conti con i costi di produzione, che sono aumentati negli ultimi anni. Secondo una stima dell’Associazione Nazionale Cerealisti (ANACER), nel 2022 i costi medi per ettaro erano di circa 1.500 euro per il grano duro e di circa 1.300 euro per il grano tenero. Questi valori indicano che solo le tipologie e le qualità più elevate di grano duro e tenero possono garantire una redditività soddisfacente ai produttori.

Al contrario, le tipologie e le qualità più basse rischiano di non coprire i costi di produzione o di generare margini molto esigui. Per questo motivo, alcuni produttori hanno deciso di stoccare il proprio grano in attesa di condizioni di mercato più favorevoli. Tuttavia, lo stoccaggio comporta dei costi aggiuntivi e dei rischi legati alla conservazione e alla qualità del prodotto. Inoltre, non è detto che i prezzi del grano duro e tenero rimangano alti nel lungo periodo, in quanto dipendono da molti fattori. In conclusione, i produttori di grano duro e tenero devono valutare attentamente le opportunità e i rischi del mercato, confrontando i prezzi offerti con i costi sostenuti e con le aspettative future.

di Marco R Menga