Produrre di più per battere l’inflazione

Di   5 Gennaio 2023

La curva dei prezzi ha iniziato a salire nel 2021, poi non è più scesa. Dopo il lockdown mondiale dovuto alla pandemia, non sono stati subito compresi i rischi della repentina ripresa degli scambi. E’ così che siamo finiti nella situazione attuale, in balia di molteplici fattori, spesso avversi, Prima ci sono stati i colli di bottiglia nei grandi snodi commerciali, poi le tradizionali catene di approvvigionamento mondiale, rigide ma fragili, sono state messe in crisi dal conflitto russo-ucraino. Come possiamo uscirne?

Il quadro epidemiologico è migliorato (la Cina sembra però tornata nel caos), ma oggi sono altri i fattori incontrollati di crisi. Il quadro economico peggiora, i prezzi hanno assunto valori oltre i livelli di sicurezza, il calo della crescita del Pil mondiale è divenuto certezza. Le previsioni per il 2023 prevedono un tasso di incremento del 2,7% (nel 2022 è stato del 3,2%), ma nell’Ue dello 0,5%.

Il conflitto Russia/Ucraina

Siamo di fronte a un conflitto convenzionale e minaccia gli equilibri mondiali tra Usa, vecchio blocco sovietico. Europa, nuove potenze globali come Cina, India, paesi arabi e paesi “neutrali”.
L’Europa invia armi all’Ucraina e sanzioni economiche alla Russia che inevitabilmente determinano ritorsioni con perdite economiche per tutti, vista l’economia così globalizzata che se in Cina una farfalla sbatte le ali, a Londra piove. Pagano dazio gli scambi di prodotti energetici o di altre materie prime come quelle agricole, cereali e oleaginose, ma anche di semilavorati o prodotti finiti.

Galoppa l’inflazione

Secondo le stime preliminari dell’Istat, il 2022 si è chiuso con l’indice nazionale dei prezzi al consumo aumentato dell’11,6% su base annua. In media, nel 2022 i prezzi al consumo registrano una crescita pari a +8,1% (+1,9% nel 2021). C’è stato un leggero rallentamento su base tendenziale dell’inflazione dovuto prevalentemente ai prezzi dei beni energetici, (che, pur mantenendo una crescita molto sostenuta, passano da +67,6% di novembre a +64,7%), in particolare della componente non regolamentata (da +69,9% a +63,3%) e ai prezzi dei beni alimentari non lavorati (da +11,4% a +9,5%) e dei servizi relativi ai trasporti (da +6,8% a +6,0%). Per contro, un sostegno alla dinamica dell’inflazione deriva dall’accelerazione dei prezzi degli energetici regolamentati (da +57,9% a +70,3%), di quelli dei beni alimentari lavorati (da +14,3% a +14,9%), di quelli dei servizi ricreativi, culturali e per la cura della persona (da +5,5% a +6,2%) e dei servizi relativi alle comunicazioni (da +0,2% a +0,7%).
Nei prossimi msi vedremo se questa leggera tendenza al ribasso proseguirà oppure no. D’altra parte le contro misure adottate per frenare la corsa dei prezzi e contenerne gli effetti non sono state drastiche perché il pianeta è appena stato messo in crisi anche dal covid. In Italia gli interventi pubblici di sostegno sono stati dosati con attenzione a causa del loro costo e dell’ulteriore impatto sul debito pubblico. La principale leva utilizzata è stato l’innalzamento dei tassi di interesse per ridurre la liquidità favorita dai loro livelli molto bassi.

L’agricoltura per contrastare l’inflazione

I tempi del “tasso zero sugli interessi” e del denaro a basso costo sono passati, ma non siamo neppure di fronte all’inflazione a due cifre degli ‘70/’80. Lo scenario è inedito. Una cosa è certa, al sistema economico servono beni da trasformare e capitali da investire nei processi produttivi per dare corpo alla ripresa. La risalita dei tassi per frenare l’inflazione incide sui prezzi di beni e servizi e fa salire il costo del denaro da investire e per ripianare il debito pubblico italiano (circa 2.550 miliardi e al 160% del Pil). Il rischio, a questo punto, si chiama stagflazione cioè l’associazione di inflazione e stagnazione. C’è un solo modo per uscirne (anzi, per non entrarci), incrementando quelle attività economiche che producono beni reali da vendere sul mercato, per prima proprio l’agricoltura. Per questo deve essere messa in condizione di produrre di più, meglio e riducendo i costi di produzione per avere i margini per fare fronte ai maggiori costi monetari dei mezzi di produzione e per investire in modo mirato in innovazione e mezzi tecnici adeguati.