Camelina sativa, la coltura intercalare che promette sostenibilità e innovazione

Di   25 Ottobre 2023

Abbiamo incontrato Rossano Remagni Buoli, contoterzista e vice presidente di APIMA UNCAI Cremona, che ci ha parlato del suo coinvolgimento in un progetto innovativo sulla coltivazione della camelina sativa

contoterzista Rossano Remagni Buoli
Il contoterzista Rossano Remagni Buoli, non nuovo a collaborazioni con il mondo della ricerca e quello universitario.

La camelina sativa è una pianta che sembra uscita da un libro di fiabe. Ha dei fiori gialli che sbocciano in primavera, produce dei semi che contengono un olio ricco di omega tre, benefico per la salute umana e animale, e si adatta a diverse condizioni ambientali, richiedendo poche risorse e trattamenti. Ma non è una favola, è una realtà che sta prendendo piede nella Pianura Padana, grazie a un progetto pilota che coinvolge FLANAT Research, Consorzio Agrario di Cremona e APIMA UNCAI Cremona, l’associazione dei contoterzisti.

Il progetto mira a valorizzare questa coltura come intercalare tra due raccolti principali, creando una filiera sostenibile e integrata, che possa soddisfare la domanda di alimenti, mangimi, biocarburanti e bioplastiche. Per saperne di più, abbiamo intervistato Rossano Remagni Buoli, contoterzista di Gussola (Cremona), vice presidente di APIMA UNCAI Cremona, che partecipa al progetto dal 2017 e ci ha raccontato la sua esperienza e le potenzialità della camelina.

Come mai ha deciso di coltivare la camelina?

Tutto è nato per caso, partecipando a un bando dell’Unione europea. Mi sono incuriosito da questa pianta che non conoscevo, ma che in realtà era già presente nella Pianura Padana nel 1400. Poi ho scoperto che la camelina ha molti vantaggi sia dal punto di vista agronomico che da quello industriale.

Quali sono questi vantaggi?

La camelina si semina in ottobre e si raccoglie tra la fine di maggio e i primi giorni di giugno. Questo permette di fare un secondo raccolto di mais, soia o pomodoro. La camelina, inserita come coltura intercalare, permette quindi di fare la rotazione agronomica imposta dalla nuova Pac con la condizionalità rafforzata e di seminare mais su mais, due anni di fila. La Pianura Padana non può permettersi di seminare mais ogni due anni, vista la sua fortissima vocazione zootecnica.

E dal punto di vista ambientale?

La camelina non ha bisogno di fitosanitari, necessita di poca acqua, pochi fertilizzanti e poche lavorazioni agromeccaniche. Quindi la camelina permette di abbattere l’impronta do carbonio delle aziende agricole e di accumulare crediti di carbonio vendibili all’industria, quando questo sarà possibile. La sostenibilità ambientale è elevatissima e non dimentichiamo che della camelina non si butta nulla e soddisfa in pieno i principi dell’economia circolare.

Cosa si ottiene dalla camelina?

Camelina sativa

Dalla camelina sativa si estrae prima di tutto un olio che ha importanti caratteristiche nutrizionali. È infatti ricco di omega tre, un acido grasso al quale sono attribuite proprietà antinfiammatorie, antiossidanti e metaboliche. L’olio di camelina può essere usato per produrre alimenti ad alto valore nutritivo, come i prodotti da forno, che possono inserire in etichetta la dicitura “ricco di omega tre“.

E per gli altri usi?

Come olio tal quale la camelina diventa un biocarburante che aggiunto al kerosene (le proporzioni sono 25% olio di camelina, 75% kerosene) permette di ottenere un carburante per aerei che abbatte le emissioni del 50%. Un utilizzo diffuso soprattutto in Spagna, nelle aree marginali e desertiche, da una società che spinge la coltivazione di camelina proprio per la realizzazione di biocarburante attraverso una società che si chiama Camelina company. Dal panello di risulta si ottiene un estratto usato dalle case farmaceutiche come “carrier”, ossia come sostanza inattiva che, usata insieme ai principi attivi, ne favorisce l’assorbimento nell’intestino anche del 10-15%. Potrebbe quindi diventare una sostanza strategica nella produzione di integratori e farmaci. Un ulteriore scarto di risulta può essere essiccato e usato come inerte per la lettiera di cani e gatti. Infine il panello può essere usato come mangime per le galline ovaiole con il risultato provato di uova ricche di omega tre.

Non ci sono invece studi sull’uso della camelina nell’alimentazione in stalla?

No, non ci sono ancora studi in questo senso. In ogni caso difficilmente potrà essere inserito nell’alimentazione delle vacche della Pianura Padana, visto il capitolato di Grana Padano e Parmigiano Reggiano. Tuttalpiù potrebbe essere valutato per la produzione di latte destinato a diventare burro, in questo caso un burro ricco di omega tre.

Quali sono le rese e i prezzi della camelina?

I test sono iniziati nel 2018 su due ettari. Quest’anno siamo arrivati a 10 ettari con una resa media di 18 q/ha e punte di 25 q/ha. Valori ben al di sopra rispetto a quelli raggiunti da altri paesi europei che stanno portando avanti test analoghi come Slovenia, Polonia e Romania. Non c’è ancora un prezzo, per ora fissato su quello della colza di 45 euro/q, comunque un buon prezzo considerando che le spese di coltivazione sono pochissime, limitandosi all’acquisto del seme, le operazioni di semina e di raccolta.

Come pensate di creare un mercato per la camelina?

Ora tocca a noi, attraverso il protocollo d’intesa e la lettera di intenti tra Flanat Research, Consorzio Agrario di Cremona e contoterzisti APIMA UNCAI, creare la domanda e un mercato alla camelina sativa per farle prendere valore. Oggi un mercato italiano non c’è, ci sono però tutte le premesse perché nasca un interesse industriale. Nel frattempo, dal momento che non c’è ancora un cliente pronto ad assorbire il prodotto per fare olio o mangime per galline, cercheremo di realizzare una filiera il più possibile corta. Siamo in una fase di pre-industrializzazione del prodotto che ci permetterà di affacciarsi sul mercato e creare interesse e valore al nostro lavoro e a un nuovo prodotto ricco di omega tre.

Qual è stato e sarà il tuo contributo al progetto?

Oltre a mettere a disposizione della terra (quest’anno tre ettari), ho invitato i miei clienti agricoltori a partecipare ai test riservando piccoli appezzamenti alla camelina . Si è arrivati così a una quindicina di ettari. Poi ci sono i servizi conto terzi con la messa a disposizione di una seminatrice, una macchina per la minima lavorazione e una trebbia adattata alla raccolta della camelina, con un assetto simile a quello per l’erba medica. Un servizio completo pensato per abbattere i costi il più possibile, seminando sul terreno così come è stato lasciato dall’ultima coltura.

Come è stata la collaborazione con FLANAT Research e Consorzio Agrario di Cremona?

La collaborazione è stata molto proficua e stimolante. FLANAT Research ci ha fornito il seme di camelina e ci ha seguito in tutte le fasi della coltivazione, dalla semina alla raccolta, monitorando i parametri agronomici e ambientali. Consorzio Agrario di Cremona ci ha supportato nella logistica e nella commercializzazione del prodotto, mettendo a disposizione la sua rete e la sua esperienza.

Quali sono le prospettive future del progetto?

Le prospettive sono molto positive. La Lettera di Intenti che abbiamo firmato prevede di ampliare la superficie coltivata a camelina, coinvolgendo sempre più agricoltori e contoterzisti. Inoltre, prevede di sviluppare ulteriormente le applicazioni industriali della camelina, cercando di creare una filiera integrata e sostenibile. Il nostro obiettivo è di valorizzare questa coltura e di contribuire alla transizione verso una bioeconomia circolare, sostenibile, rigenerativa, inclusiva e giusta.

Grazie mille per averci raccontato la tua esperienza e il tuo impegno per l’innovazione e la sostenibilità.

Grazie a voi per l’interesse e l’attenzione. Spero di avervi trasmesso la passione che metto nel mio lavoro e la fiducia che ho nel futuro dell’agricoltura.