Quale futuro per il gasolio agricolo?

Di   18 Agosto 2021

Dai rincari dei carburanti al pacchetto di misure “Fit for 55”: cosa è possibile fare per tenerci stretto il carburante agricolo agevolato

Stiamo assistendo a prezzi record dei carburanti. Con effetti a cascata su tutto, dal momento che in Italia l’85% delle merci viaggia su strada. A partire dalle lavorazione agromeccaniche: se nel 2020 molti imprenditori hanno potuto trarre vantaggio dal calo dei prezzi cauato dal primo lockdown, gli incrementi del 2021 si sono già mangiati via tutto. Anzi, di più, dal momento che si è passati da 1,248 euro/litro di gasolio della fone del 2020 agli 1,510 euro/litro di agosto 2021, riportandosi ai livelli del 2019. Per una azienda agromeccanica di medie dimensioni questo si traduce su base annua a un incremento di spesa in carburante agricolo agevolato di circa 20mila euro.
Anche l’intero sistema agroalimentare ne sta pagando le conseguenze. Qui i costi della logistica arrivano ad incidere fino dal 30 al 35% sul totale dei costi per frutta e verdura (dati Ismea).

Il futuro del gasolio agricolo

Ma dal 2023 si cambia. In queste settimane si sta giocando in Europa una partita decisiva circa le sorti del gasolio agricolo. In luglio è stato presentato il pacchetto di misure “Fit for 55” (Pronti per il 55, riferito all’obiettivo di ridurre del 55% le emissioni di CO2 nel prossimo decennio). Tra i numerosi documenti per “Fit for 55”, c’è la proposta di revisione della direttiva sulla Tassazione energetica. La direttiva definisce una tassa minima su tutti i vettori energetici, uniforme e senza eccezioni su tutto il territorio dell’Unione.

La tassa non si baserà più sul litro, sul m3 o sulla tonnellata (l’unità mercelogica) ma sul Potere calorifico inferiore (Pci). In questo modo si tassano il contenuto energetico e le emissioni di CO2 associate a ogni vettore energetico, e non più la materia. Questo per evitare la sostituzione di un combustibile con un altro. A combustibili diversi corrispondono Pci e accise diversi.

Dal 2023 nuove accise, ma quali?

In base alla nuova tassazione, che entrerà in vigore dal primo gennaio 2023, le nuove accise cui carbutanti agricoli saranno notevolmente più basse rispetto alle attuali, passando dagli attuali 166,84 euro/tonnellata ad appena 38,07 euro/tonnellata.
Se venisse confermata queta tassazione, l’agricoltura italiana guadagnerebbe la competitività persa per gli elevati costi produttivi nel nostro Paese, ma di fatto costituirebbe un incentivo per continuare a consumare gasolio, malgrado gli altri carburanti sostenibili siano tassati ancora di meno, e comporterebbe una grossa perdita di gettito fiscale.

Di fatto, però, l’Europa con la direttiva fissa una accisa minima, ma non un tetto alla tassazione dell’energia, e ogni Stato è libero di applicare le accise che vorrà, purché siano più alte di quelle minime definite dalla attuale proposta di direttiva.

Accise sul gasolio agricolo in alcuni Paesi europei . Elaborazioni di Mario A. Rosato – AGRONOTIZIE

CONCLUSIONI

Prendiamo a prestito le conclusiobi di Mario A. Rosato in un recente articolo su AgroNotizie:
“Nel testo della proposta di direttiva non c’è alcun articolo che obblighi gli Stati dell’Ue a tassare in modo differenziale l’energia a seconda della fonte. Quindi, uno Stato che tassasse con la stessa accisa il biometano ed il gas naturale, oppure i pellet da scarti agricoli ed il carbone fossile, sarebbe formalmente in regola con la direttiva, ma di fatto non incentiverebbe la decarbonizzazione dell’economia”.

A tutela della futura competitività delle aziende agricole italiane, Mario Rosato invita a registrarsi entro il 21 settembre alla pagina istituita dalla Commissione europea per formulare suggerimenti e a inserire il seguente commento: La proposta di direttiva è logica e basata sulla scienza, in quanto impone agli Stati dell’Ue l’obbligo di tassare i vari vettori energetici in base al loro potere calorifico e alle emissioni di CO2 associate, senza fare eccezioni a favore di nessun settore economico e senza perseguire il solo gettito fiscale.

Il punto debole che vogliamo segnalare è che la proposta di direttiva definisce delle accise minime e inderogabili, ma non vengono definiti dei massimi. Quindi ogni singolo Stato è libero di continuare ad applicare le accise che vuole, purché siano calcolate con il criterio descritto nella direttiva e che i valori di tassazione energetica risultanti siano maggiori dei minimi definiti nel suo allegato I. Se non vengono definiti anche dei valori massimi, non ci sarà uniformità sul valore assoluto della tassazione energetica. Si rischia dunque di generare concorrenza fiscale sleale fra i Paesi che sceglieranno accise pari o molto vicine ai minimi dell’allegato I, e Paesi che decidessero di adottare accise più alte. Ciò potrebbe comportare, ad esempio, il rischio che aziende molto energivore decidano di delocalizzare nei Paesi che avranno prezzi dell’energia più bassi.

Inoltre, manca un criterio di proporzionalità. Cosa succederebbe se, ad esempio, un Paese decidesse di tassare il gas naturale a 0,85 euro/GJ ed il biogas avanzato o l’idrogeno rinnovabile a 0,75 euro/GJ? Entrambi i valori sono maggiori di quelli minimi definiti nella tabella C dell’allegato, ma poiché la proposta di direttiva non definisce esplicitamente il rispetto di una proporzionalità fra combustibili fossili e combustibili avanzati, una differenza di accise così piccola penalizza i gas rinnovabili rispetto al gas naturale, decisamente più economico. Chiediamo dunque che la proposta di direttiva includa un secondo allegato contenente le accise massime per ogni singolo vettore energetico o, alternativamente, che si aggiunga un articolo specificando che l’accisa massima non può superare N volte il valore dell’accisa minima corrispondente, e che qualunque valore di N lo Stato sceglierà, dovrà essere uniforme per tutte le forme di energia.