INTRODUZIONE AL CARBON FARMING

Di   25 Luglio 2023

L’Osservatorio Smart Agrifood, punto di riferimento nazionale per la filiera agrifood, ha compiuto sette anni di attività. Nel seminario di luglio ha presentato i temi della ricerca 2023 e si è occupato in particolare del digitale per il carbon farming

L’Osservatorio Smart Agrifood è una realtà nata nel 2017 dalla collaborazione tra il Politecnico di Milano e l’Università di Brescia. Il suo obiettivo è quello di analizzare e promuovere l’innovazione digitale nella filiera agrifood, dalla produzione alla trasformazione, dalla distribuzione al consumo. L’Osservatorio si avvale del patrocinio di diverse istituzioni e associazioni, tra cui Uncai, che lo sostiene dal primo anno di attività e che ha partecipato al seminario (ma siamo soliti chiamarlo “workshop”) di luglio.

Alessandro Perego – Responsabile Scientifico
Marco Perona – Responsabile Scientifico
Andrea Bacchetti – Direttore
Chiara Corbo – Direttrice
Maria Pavesi – Ricercatrice senior
Federico Maffezzoli – Ricercatore
Cosimo Pacciani – Analista
Francesco Parigi – Analista
Andrea Bianchi – Analista

I temi della ricerca 2023

Nel seminario sono stati definiti i cinque temi principali della ricerca 2023:

  • Agricoltura 4.0: analisi del mercato italiano e dello stato di adozione; analisi dei trend internazionali
  • Alimentare 4.0: Analisi delle soluzioni 4.0 per la trasformazione alimentare
  • Tracciabilità alimentare: analisi dei benefici delle soluzioni innovative per la tracciabilità e casi d’uso
  • Il digitale per il carbon farming e l’agrivoltaico: analisi di soluzioni e nuovi modelli di business
  • Startup smart agrifood: analisi delle startup nazionali e internazionali e dei loro modelli di business

Il digitale per il carbon farming

Durante il seminario si è parlato di digitale per il carbon farming e per l’agrivoltaico. Di agrivoltaico parleremo un’altra volta, qui ci soffermiamo sul carbon farming. C’è molto da dire.

Iniziamo quindi con qualche definizione. Il carbon farming è l’insieme delle pratiche che mirano a mitigare l’impatto climatico del settore agricolo per mezzo della rimozione del carbonio (sequestro e stoccaggio permanente), della prevenzione delle perdite di carbonio già immagazzinato e della riduzione delle emissioni (Parlamento Europeo). La definizione data dal European Environmental Bureau (EEB) è invece “Pratiche di gestione del terreno che riducono le emissioni di gas serra e aumentano il sequestro e lo stoccaggio del carbonio nel suolo e nella vegetazione”. In altre parole, si tratta di gestire il terreno in modo da ridurre le emissioni.


L’Europa ci spinge verso il futuro

Il carbon farming è una delle frontiere più promettenti dell’innovazione digitale nel settore agricolo. Ma cosa lo rende così importante e interessante? Sono tre fattori chiave che lo sostengono:

  • L’Unione Europea e il Green Deal: l’Europa ha una visione ambiziosa e coraggiosa per il nostro pianeta. Sstenuta iù che dalla scienza dall’ideologia verde e socialista. Da qui la volontà che i Paesi Membri raggiungano la neutralità ambientale entro il 2050, cioè che le emissioni di gas serra siano compensate dal sequestro di carbonio. Per farlo, ha messo in campo una serie di strategie, politiche e incentivi che vedremo tra poco.
  • L’agricoltura e la decarbonizzazione: l’agricoltura ha un ruolo fondamentale nella sfida climatica. Da una parte, deve ridurre le proprie emissioni, che contribuirebbero al 23% del totale globale (ma i dati non sono confermati da università e centri di ricerca). Dall’altra, può aumentare il sequestro di carbonio nel suolo, grazie a pratiche di agricoltura rigenerativa che ne migliorano la qualità, la biodiversità e le risorse idriche.
  • Nuove opportunità per gli agricoltori: il carbon farming non è solo una questione di responsabilità ambientale, ma anche di opportunità economica. Gli agricoltori che adottano questa pratica possono beneficiare di ricavi aggiuntivi derivanti dallo scambio dei crediti di carbonio sul mercato, oltre che di una maggiore efficienza e produttività. Inoltre, possono integrare la produzione agricola con quella di energia rinnovabile, grazie all’agrivoltaico, che consiste nell’installazione di pannelli solari sopra i campi.

Perché fare ricerca sull’innovazione digitale nel carbon farming?

La risposta è semplice: perché è necessaria per facilitare e accelerare la transizione verso un modello agricolo più sostenibile e competitivo. Come abbiamo visto, l’Unione Europea ha fissato degli obiettivi ambiziosi per il 2050, ma anche delle scadenze più vicine per il 2027. Per raggiungerli, ha previsto una serie di misure, tra cui:

  • La strategia europea «Farm to Fork», che mira a rendere il sistema alimentare più sano, sicuro e rispettoso dell’ambiente.
  • La Politica Agricola Comune 2023 – 2027, che destina almeno il 25% del budget per pagamenti diretti ed eco-schemi agli agricoltori che adottano pratiche sostenibili.
  • Lo sviluppo di un quadro normativo per i crediti di carbonio, che permetterebbe agli agricoltori di monetizzare il loro contributo alla riduzione delle emissioni.
  • La promozione e diffusione di servizi per aiutare gli agricoltori a rispettare le norme europee su ambiente, salute pubblica e benessere degli animali.
  • I piani strategici della Politica Agricola Comune, che devono essere elaborati dai singoli Stati Membri in base alle proprie esigenze e potenzialità.
  • La EU Solar Energy Strategy, che promuove lo sviluppo dell’energia solare in Europa, anche attraverso l’agrivoltaico.
  • Il programma Horizon Europe, che finanzia progetti di ricerca e innovazione nel settore agricolo e ambientale.
  • In Italia, il Decreto PNRR su incentivi per l’installazione di impianti fotovoltaici in agricoltura.

Per approfittare di queste opportunità, gli agricoltori hanno bisogno di strumenti digitali che li aiutino a monitorare e ottimizzare le loro pratiche di carbon farming e agrivoltaico. Questi strumenti possono essere basati su sensori, droni, satelliti, big data, intelligenza artificiale e blockchain. La ricerca sull’innovazione digitale nel carbon farming ha quindi lo scopo di sviluppare e testare queste soluzioni, per renderle più efficaci, accessibili e scalabili.

Le pratiche di agricoltura rigenerativa legate al carbon farming

Nel seminario si sono elencate alcune delle principali pratiche di agricoltura rigenerativa legate al carbon farming, che possono permettere di sequestrare diverse quantità di carbonio all’anno. Tra queste ci sono:

A questo punto il seminario ha presentato le diverse tipologie di compenso associate al carbon farming. Esse possono basarsi sull’adozione di una determinata pratica agronomica, sui risultati ottenuto o su un mix di queste due.
Con la prima, gli agricoltori riceverebbero un compenso fisso per l’adozione di determinate pratiche o tecnologie legate all’agricoltura rigenerativa. Ha il vantaggio di essere semplice, ma rappresenta un’incognita sull’effettivo miglioramento.
Nella seconda tipologia gli agricoltori riceverebbero invece una remunerazione in funzione del risultato effettivo ottenuto grazie all’adozione di pratiche di agricoltura rigenerativa. In questo caso vantaggi e svantaggi si capovolgono: avremmo il monitoraggio e la verifica dei volumi di carbonio sequestrati o non emessi ma a costi non indifferenti.
Da qui l’idea di un approccio ibrido con un compenso fisso per l’adozione di pratiche di agricoltura rigenerativa più pagamenti aggiuntivi in funzione ai risultati ottenuti.

  • Agroforestazione: consiste nell’integrare alberi e arbusti con le colture o i pascoli, per creare un ecosistema multifunzionale che favorisce la biodiversità, la qualità del suolo e la resilienza climatica. Può permettere di sequestrare da 2,1 a 63 milioni di tonnellate di carbonio all’anno.
  • Imboschimento e riforestazione: consistono nel piantare alberi in aree dove non sono presenti o dove sono stati rimossi. Possono assorbire più di 100 Kg di CO2eq nel giro di quattro anni.
  • Coltivazioni di copertura: consistono nel seinare piante erbacee in periodi dell’anno in cui il terreno è normalmente incolto, con lo scopo di proteggere e arricchire il suolo. Possono sequestrare circa 7,5 tonnellate di CO2eq per ettaro all’anno
  • Lavorazione conservativa del terreno: sequestro medio di 0,3 tonnellate di carbonio per ettaro all’anno.

Il carbon farming è un modo per pagare gli agricoltori che fanno bene al clima

Ci sono diversi modi per farlo. Uno è quello di dare soldi agli agricoltori che usano metodi di agricoltura rigenerativa (“Land-management practice payments“). Questo piace ai governi e ad alcune organizzazioni. Il vantaggio è che costa poco e non richiede molti controlli. Lo svantaggio è che non si sa bene quanto bene fanno al clima e i finanziamenti pubblici potrebbero essere usati male.
Un altro meccanismo di pagamento è quello di far pagare le aziende agroalimentari che comprano i prodotti degli agricoltori (“Corporate supply chain“). Questo piace alle aziende che vogliono fare una buona impressione sui clienti. Il vantaggio è che aziende e agricoltori si conoscono già e si fidano. Lo svantaggio è che non c’è molta trasparenza su come e quanto si riduce l’impatto ambientale.
Un terzo è quello di creare dei mercati dove gli agricoltori vendono dei crediti di carbonio a chi li vuole comprare. Questo piace a chi vuole fare affari con il clima. Il vantaggio è che il pagamento avviene solo se ci sono risultati effettivi, inoltre si possono scambiare i crediti con altri. Lo svantaggio è che serve un sistema di certificazione complesso e costoso.
Un quarto meccanismo di pagamenti è quello di far intervenire dei mediatori tra gli agricoltori e i compratori di crediti. Questo piace a chi vuole fare da intermediario. Il vantaggio è che il sistema di certificazione è più semplice e meno costoso. Lo svantaggio è che i mediatori si prendono una parte dei soldi.

Il meccanismo è dunque complesso, coinvolge più attori e passaggi, andando dalla pianificazione delle strategie di carbon farming, all’attuazione delle pratiche di agricoltura rigenerativa, al monitoraggio e raccolta dei dati, alla trasmissione dei dati a enti di certificazione per verifica, al rilascio delle certificazioni. Al termine di processo ci sarà o la vendita sul mercato o ad acquirenti specifici dei crediti di carbonio o la compensazione delle proprie emissioni.

Il carbon farming è una sfida per il clima, ma anche per il digitale

Come può la tecnologia aiutare gli agricoltori a sequestrare più carbonio nel suolo e a ridurre le emissioni? L’Osservatorio Smart AgriFood ha individuato quattro ambiti in cui il digitale può fare la differenza: la pianificazione, le pratiche, il monitoraggio e lo scambio.

La pianificazione riguarda la scelta delle strategie più adatte a ogni contesto. Il digitale offre strumenti per valutare i rischi e i benefici dei progetti di carbon farming, per raccogliere e analizzare i dati sul territorio, per fornire previsioni economiche e per mostrare l’evoluzione dei terreni.
Le pratiche sono le azioni concrete che gli agricoltori mettono in atto per migliorare il bilancio di carbonio. Il digitale offre soluzioni per aumentare l’efficienza in campo, per ottimizzare l’irrigazione e la fertirrigazione, per organizzare e valutare l’impatto delle diverse pratiche sul sequestro di carbonio.
Il monitoraggio serve a misurare e certificare i risultati ottenuti. Il digitale offre soluzioni per misurare direttamente o indirettamente i livelli di carbonio nel suolo e nella biomassa, per monitorare i flussi di diossido di carbonio tra l’atmosfera e il suolo, per mappare la sostanza organica del suolo, per garantire la trasparenza e la tracciabilità dei progetti e dei crediti di carbonio.
Lo scambio riguarda la vendita o la compensazione delle emissioni. Il digitale offre soluzioni per facilitare gli scambi tra fornitori e acquirenti di crediti di carbonio, per registrare i crediti di carbonio e consolidare la fiducia tra le parti, per ridurre i costi amministrativi legati agli scambi.

L’Osservatorio Smart AgriFood ha presentato alcuni progetti che utilizzano il digitale in questi ambiti, sia a livello internazionale che italiano. Ne parleremo più in dettaglio nelle prossime settimane. Intanto possiamo dire che l’Europa è l’area geografica con più startup focalizzate sul carbon farming, ma è il Nord America a dominare i finanziamenti del settore. L’Italia è ancora indietro, ma ci sono alcune iniziative interessanti da seguire.


Alcuni esempi di progetti che utilizzano la piattaforme digitali per lo scambio sono:

  • Xpansiv (nata per mettere in contatto acquirenti e venditori di crediti e fornire dati di mercato sicuri per le compensazioni volontarie di carbonio) (https://xpansiv.com/)
  • AirCarbon Exchange (suo scopo è migliorare la trasparenza e la sicurezza per gli scambi di carbonio nel mercato) (https://acx.net/)

Altre iniziative legate all’Agricoltura 4.0 per il carbon farming presentate dall’Osservatorio Smart AgriFood sono state Nori (https://nori.com/), Carbon by Indigo Ag (https://www.indigoag.com/carbon) a livello internazionale. Mentre sono progetti italiani quelli delle aziende agricole Parapini (http://www.parapini.it/), a Settala, in provincia di MIlano, e Persea (http://www.persea.bio/), a Cagliari e a Corigliano Calabro (CS).

Ma vedremo di dedicare a ciascuna di queste iniziative degli approfondimenti a parte nelle prossime settimane. Così come vedremo come si distribuiscono le startup e i finanziamenti del settore a livello geografico. Vale la pena sottolineare subito un aspetto. in Europa la volontà di creare start up nel settore del carbon farming c’è, mancano i fondi. Più precisamente l’Europa rappresenta l’area geografica con la maggioranza delle startup focalizzate sul carbon farming, ma è il Nord America a giocare un ruolo chiave nei finanziamenti del settore. Ecco numeri.

L’Osservatorio Smart AgriFood ha censito 61 start up per 475 milioni di dollari di finanziamenti. In Europa si concentra il 41% delle start up ma solo il 24 % dei finanziamenti (il Nord America detiene più della metà dei finanziamenti con il 37% delle start up).

Dove sono le start up

Il 31% sono negli Usa, mentre il 12% nel Regno Unito. Si tratta infatti dei due paesi con la normativa più avanzata sulle start up. In Italia sono solo il 3% di quelle censite, come in Norvegia e Israele. Va meglio in Francia e Germania dove sono l’8%

I finanziamenti

La fetta maggiore va agli Stati Uniti (57%), seguono Danimarca (16%), Australia (11%), Indonesia (4%) e Germania (3%). L’Italia è al 16mo posto con totale 120mila euro. Le startup più finanziate sono le statunitensi Truterra (https://www.truterraag.com/), Pachama (https://pachama.com/), Arlington (https://arlington.ag/), CarbonCount (https://carboncount.com.au/) con solo una europea, la danese Agreena (https://agreena.com/) a Copenaghen, a inserirsi nella top five. In Italia la leccese Alberami (https://www.alberami.it/) rappresenta un’iniziativa interessante da seguire nei suoi sviluppi futuri, anche se c’è un abisso tra i finanziamenti che ha ricevuto (110 mila dollari) rispetto alle decine di milioni ricevute dalle precedenti startup.

Le soluzioni offerte dalle start up

Sono due le aree nevralgiche del carbon farming su cui si concentrano le startup e gli investimenti: il supporto alla pianificazione dei progetti di carbon farming e il monitoraggio e la certificazione dei volumi di carbonio sequestrati e/o non emessi.
Tra le soluzioni digitali più diffuse nel settore, software informativi e generici, portali web e soluzioni di gestione e analisi dei dati. Nel carbon farming, inoltre, la Blockchain e le tecnologie satellitari risultano più diffuse rispetto alla ricerca condotta sulle startup AgriFood.

Principali criticità legate ai progetti di carbon farming

Senza ombra di dubbio, le principali criticità sono legate alla scarsa conoscenza dei benefici e ai costi di realizzazione. Questo a monte ma a valle mancano ancora degli elementi fondamentali, primi fra tutti una standardizzazione della misurazione delle emissioni di carbonio e dei modelli validati e una sufficiente mole di dati per poter creare modelli predittivi. Non solo, l’assenza di un registro unico dei crediti di carbonio e di tracciabilità delle certificazioni sono due fattori che espongono tutti i progetti a pericolose bolle speculative e truffe e alla volatilità della domanda e dei prezzi dei crediti.

La regolamentazione è dunque imprescindibile.

di Marco Renato Menga