La carne sintetica è servita

Di   8 Novembre 2023

Quando il pianeta verde sarà popolato da 10, 11, 12 miliardi di persone, ci sarà ancora posto per gli allevamenti, estensivi o intensivi che siano? Per molti saranno un ostacolo, mentre la carne sintetica sarà la soluzione a tutto, garantirà che ogni anno sia costruito tutto il cibo che serve a sfamare tutti senza danneggiare l’ambiente. 

La strada maestra da percorrere per raggiungere obiettivi di sviluppo sostenibile è, infatti, lavorare per migliorare soprattutto l’efficienza alimentare. Ovvero cercare di ottenere gli stessi traguardi di produzione con diete alimentari che deprimano la formazione del metano enterico prodotto dai ruminanti.

Oggi il partito della carne coltivata in bioreattori rappresenta mediaticamente oltre alla categoria degli ambientalisti anche quella dei “pro-life” della contesa: addio allevamenti, addio macelli, grazie alla carne sintetica quando l’uomo si espanderà, la natura non sarà più costretta a contrarsi, ci sarà un nuovo equilibrio. 

La carne sintetica serve dunque a far spazio all’uomo e alle sue necessità, a scapito di animali da reddito, già additati a pericolosi produttori di emissioni nocive (metano) per il globo terracqueo.

Per ora gli amminoacidi e le sostanze di sintesi necessarie a far partire la reazione nei bioreattori hanno però costi improponibili. Per ora la carne sintetica è un bene di lusso non commerciabile. Il prezzo può scendere solo se, per magia, già da domani tutto il mondo si nutrisse solo di carne di sintesi. Ma….

Le industrie che cercano di portare al successo la carne sintetica (e per questo non risparmiano finanziamenti alle startup) hanno la risposta e una soluzione: introdurla gradualmente, per piccole dosi, nella “carne vegetale”. La strategia sembra vincente: hamburger vegetali, polpette vegetali… Il richiamo alla carne c’è già, si tratta di inserire tra gli ingredienti un iniziale 5% di carne sintetica. L’acquirente tipo della “carne vegetale” sarà felice di spendere un poco di più per un prodotto ugualmente “etico” e di contribuire al suo sdoganamento. Ci sarebbe da chiedere che cosa ci sia di etico in una strategia un po’ truffaldina, ma contenti loro.

I produttori di carne sintetica hanno infatti in programma di alterare il gusto dei consumatori di “carne vegetale”, renderli dipendenti di un sapore studiato appositamente per la carne coltivata fino ad arrivare al punto che nessuno potrà più toglierglielo. 

Questa strategia non ce la stiamo inventando. Ad averla tracciata sono le stesse start up della carne prodotta farmaceuticamente su terreni di coltura cellulare.
E’ quanto emerge da un articolo a firma Elaine Watson apparso sul sito agfundernews.com dove si fa il punto della situazione (l’occasione fu la conferenza SynBioBeta che si è tenuta a Oakland, in California, durante l’AFN dello scorso maggio).

L’ingegnere chimico e consulente di ingegneria Dave Humbird afferma che il prezzo dei singoli aminoacidi e dei fattori di crescita sarà strettamente legato al volume del mercato. Da qui la conclusione che la carne coltivata non ha senso dal punto di vista commerciale finché non la mangiano tutti.

Per rendere fattibile la nuova tecnologia, l’idea è di combinare carni di coltura cellulare con carne di origine vegetale. Un approccio ibrido necessario per la prima generazione di prodotti, secondo il co-fondatore di Meatable, Kijn de Nood. “Anche con un tasso di inclusione del 10% di carne coltivata [e del 90% di carne a base vegetale], facciamo panel di degustazione interni e vediamo che è già molto migliore del prodotto a base vegetale perché i sapori sgradevoli scompaiono. E i prodotti 50:50 sono indistinguibili dalla carne tradizionale”.

C’è da chiedersi cosa abbia di così sgradevole il prodotto a base solo vegetale: a noi piace e crediamo che anche questo sia marketing: far girare l’idea che gli hamburger solo vegetali abbiano un retrogusto cattivo da nascondere con la similvarne da bioreattore. Nel frattempo ci consola il fatto che la ricerca sia ancora di là a individuare una tecnologia atta a ricreare artificialmente una bella bistecca.

La strada del mix di pseudo carni è confermata anche da Joshua March, cofondatore della startup SCiFi Foods, che ha affermato che le sue cellule coltivate dovrebbero essere “viste come un ingrediente” che può essere aggiunto a prodotti a base vegetale con tassi di inclusione relativamente bassi per offrire un’esperienza carnosa nei prodotti trasformati, dagli hamburger alle polpette. Ha aggiunto: “Ci sono molte innovazioni entusiasmanti in corso nelle tecnologie dei bioreattori che alla fine renderanno possibile anche la carne coltivata al 100%, ma si tratta di un arco di tempo più decennale che nel prossimo futuro”. 

Bioreattori da 20.000 litri, cellule staminali pluripotenti, in uno stadio molto precoce, portate a densità estremamente elevate e fatte proliferare rapidamente e indefinitamente da genetisti, chimici e biologi attraverso molecole e fattori di crescita costosi, in modo che possano differenziarsi, aggregarsi e trasformarsi in molteplici tipi di cellule diverse come grasso o muscolo. Il tutto in un paio di giorni (ha spiegato sempre il co-fondatore di Meatable, Kijn de Nood).

SCiFi Foods sta “prendendo cellule satellite dal muscolo della mucca e utilizzando l’editing genetico CRISPR per immortalare quelle cellule, per farle crescere in sospensione cellulare singola e per assicurarsi che abbiano tutte le caratteristiche prestazionali necessarie per poterle ridimensionare”, ha invece affermato March.

Quando i primi lanci di mix sintetica e vegetale? A Singapore, poi Verrà il turno degli Stati Uniti. L’Europa ha un’impalcatura normativa che per un po’ ostacolerà la carne sintetica, anche se la narrazione farlocca che ne fanno gli animalisti farà breccia anche nel green deal europeo.

Potrebbe però esserci un’argomentazione fortissima e green contro i fautori della carne farmaceutica: secondo un recente studio dell’UC Davis (non ancora sottoposto a revisione paritaria) le emissioni di gas serra derivanti dalla carne bovina coltivata potrebbero essere fino al 25% superiori rispetto alla carne bovina normale, a causa degli amminoacidi di origine farmaceutica utilizzati nei bioreattori. Le start sostengono che ora usano amminoacidi di origine animale che abbattono le emissioni del 95% (per la bovina sintetica) e dell’ 80% (pseudo suina). Circa invece la vita migliore garantita ai pochi bovini e suini che saranno ancora allevati: cosa cambia? Anziché in scomode e sovraffollate stalle in piena campagna vivranno in chiusi laboratori accecati dalle luci al neon. 

Le attività agricole sono sicuramente in parte responsabili dell’inquinamento che porta al riscaldamento globale, anche se non ai livelli che politica e ambientalisti cercano di far credere. Basta tenere conto dei riassorbimenti (fotosintesi) delle emissioni zootecniche, per asserire che l’intero settore agricolo europeo contribuisce per meno del 5% e non per il 12% al riscaldamento globale, valutato in termini di CO2 equivalenti. Tocca però ai responsabili a tutti i livelli del settore zootecnico per far passare questo concetto e, allo stesso tempo, fare tutto quanto è possibile per ridimensionare ulteriormente il problema, soprattutto agendo sulla qualità delle diete. Per il resto dovremmo affidarci a scienziati seri e a pubblicazioni serie, non condizionati dalle sirene “ambientaliste”.

Marco R Menga