PseudoReport contro zootecnia e scienza

Di   16 Aprile 2020

Non provate le teorie del servizio di Report su allevamenti e coronavirus del 13 aprile su Rai 3. La reazione di ricercatori, agricoltori e politica

Chi non guarda ogni tanto la trasmissione Report della Rai? Inchieste giornalistiche, lotta ai poteri forti, trame occulte, un montaggio che fa subito capire chi sono i buoni e chi i cattivi. Nelle scuole di giornalismo spiegato per quale motivo fanno quelle riprese ravvicinate dal basso verso l’alto. Lo fanno per togliere subito credibilità a chi vogliono loro. Perché è già tutto scritto. Si tratta di giornalismo a tesi. Un genere di successo, visto l’intramontabile consenso cui gode il programma.
Poi accade che in una trasmissione venga trattato un argomento che si conosce bene. Ecco che si sbriciola il giochino così ben costruito per convincere il telespettatore che è proprio così come la raccontano.

E’ accaduto l’altra sera, il 13 aprile su Rai 3. La tesi era Agricoltura = Inquinamento = Ammoniaca = PM10 = Coronavirus.

Tralasciando che l’agricoltura è essenziale alla vita, il ragionamento era: l’agricoltura inquina (la zootecnia di più), tra gli inquinanti c’è l’ammoniaca che contribuisce in modo significativo al particolato leggero (PM10 e 2,5), il particolato leggero può trasportare anche i virus quindi, siccome in pianura padana ci sono tanti allevamenti (a Brescia di più), ecco perché abbiamo più casi di Covid-19 a Brescia.

“L’ipotesi è senza dubbio suggestiva, peccato che, al momento, siano solo speculazioni tutt’altro che robuste, anzi”, fa notare il presidente dei biotecnologi italiani Davide Ederle (Anbi).

Ederle riassume in pchi punti:

❌no la zootecnia non è il principale produttore di gas serra e particolato (e negli ultimi 10 anni i valori del particolato sono in continua diminuzione),
❌no i picchi di PM10 registrati in questi mesi non sono stati causati dalla zootecnia (vengono dall’est europa, incredibile ma vero!*),
❌se anche questo particolato ha avuto un ruolo nell’aumento dei contagi va rilevato che è senza dubbio minoritario rispetto a quello generato da altri comportamenti (v. contagi ospedalieri e nelle RSA, vedi gite in montagna e al mare).

Ederle ha provato a spiegare tutto questo all’Informatore Zootecnico. In un audio di 4 minuti.

La conclusione vuole essere un consiglio ai ricercatori: “Le ipotesi, prima di spargerle ai 4 venti (specie in momenti come questo), è SEMPRE il caso di verificarle per evitare di creare allarmi o aspettative ingiustificate che possono costare anche molto caro. Ricordiamoci di quelli che dicevano che era solo una banale influenza”.

Come è naturale i primi a rispondere ai gironalisti di Report sono state le associazioni di agricoltori e i politici.

Antonio Boselli, presidente di Confagricoltura Lombardia si è detto molto stupito “da chi, in un momento difficile come questo, perde il proprio tempo ad alimentare polemiche sterili”. Ha poi sottolineato il rischio di far girare “teorie del tutto prive di evidenza scientifica come quella che vede nel mondo allevatoriale la causa originaria del contagio da Covid-19 nel nord Italia, in particolare nei territori di Lodi, Cremona, Brescia e Bergamo. Purtroppo questa tesi, basata su ricostruzioni verosimili ma non accertate, è stata ripresa anche da autorevoli rappresentanti del mondo economico e produttivo, come il presidente degli industriali lombardi”.

L’assessore lombardo all’agricoltura Fabio Rolfi parla di fake news sul servizio pubblico: “Un tentativo maldestro, una balla colossale che non può essere diffusa in prima serata sulla televisione di stato. E’ l’ennesima azione denigratoria infondata verso un settore economico che tiene in piedi il paese”. L’assesore invita quindi il comparto agricolo a una risposta di sistema “magari interrompendo ogni forma di promozione pubblicitaria sui canali Rai. I soldi per promuovere i nostri formaggi, vini e salumi possono tranquillamente essere investiti su altre emittenti, ottenendo la stessa visibilità”

ANCHE L’ACCADEMIA DEI GEORGOFILI CON Mauro Antongiovanni e Giuseppe Pulina.

La loro risposta, documentata, è la seguente:

  1. Un recente e, per ora unico, studio dei ricercatori della Società Italiana di Medicina Ambientale (1) mette in correlazione l’alto numero di contagi verificatosi in alcune province dell’Italia del nord con lo sforamento delle soglie di attenzione del PM10. I ricercatori non hanno misurato direttamente la trasmissibilità del contagio, ma hanno semplicisticamente correlato i contagi con le emissioni. Senza un nesso causale certo, entrambi i fenomeni osservati potrebbero dipendere dalla elevata densità della popolazione in quelle zone. Un’elevata concentrazione umana comporta più attività industriali, più traffico privato e di merci, più trasporti pubblici, più riscaldamento domestico, industriale e pubblico e, soprattutto, una più elevata probabilità di contrarre una patologia ad altissima contagiosità interpersonale come il Covid19.
  2. Gli allevamenti producono particolato. Su scala nazionale, l’ISPRA certifica che le emissioni di PM10 da allevamenti rappresentano il 12% del totale. In Emilia-Romagna, una regione ad alta concentrazione di allevamenti intensivi, Stortini e Bonafé dell’ARPA Emilia, nel 2017 hanno stimato che il contributo annuo al particolato grosso fosse pari al 18%, comprese le emissioni dirette di ammoniaca.
  3. La volatilizzazione dell’ammoniaca dalle vasche dei liquami è molto bassa e limitata alle stagioni calde. È praticamente nulla nei mesi invernali, e l’epidemia si è verificata proprio d’inverno. Comunque, alcuni allevamenti hanno adottato da tempo accorgimenti come la copertura dei vasconi, l’impiego di biodigestori e l’acidificazione con additivi.
  4. Non esiste alcuna evidenza scientifica documentata che gli animali in produzione zootecnica possano rappresentare un pericolo di contagio Covid19. Ricerche condotte dal Federal Research Institute for Animal Health in Germania hanno escluso che il virus possa svilupparsi in suini e polli, pur infettati sperimentalmente (2). Gli allevamenti intensivi, al contrario, sono presidi di biosicurezza contro l’introduzione di agenti infettivi esogeni che possano trasmettersi anche all’uomo, come abbiamo potuto vedere anche dalla trasmissione televisiva.

In conclusione, anche Mauro Antongiovanni e Giuseppe Pulina ritengoni che la trasmissione “Report” del 13 aprile scorso, abbia, non proprio in buona fede, fornito anche “fake news” allo scopo di ottenere elevati indici di gradimento dal pubblico.